domenica 25 aprile 2010

XXV Aprile festa della LIBERAZIONE

Il capo del governo e del PDL oggi in un suo messaggio televisivo in occasione della Festa della Liberazione è riuscito a non pronunciare la parola LIBERAZIONE.

TROUPE DU ROI

E’ un po’ di tempo che il sito di Grillo mette in evidenza posizioni pro Borboni in chiave anti Savoia e antirisorgimentale, proprio in vista dei 150° dell’Unità d’Italia.

Raccontare nel 2010 la storia prendendo come punto di partenza l’essere a favore o contro i Borboni o i Savoia la dice lunga sulla qualità del dibattito che, se così impostato, non può altro che sfociare in elenchi di fatti portati a favore o contro i Borboni od i Savoia.

Lo spessore della dinastia dei Borboni – reali spagnoli regnanti su terre che nulla avevano a che fare con la Spagna – può essere visto nella fuga di Ferdinando IV da Napoli a Palermo in occasione della Repubblica napoletana del 1799.

Il Borbone Ferdinando IV lasciò a combattere in sua vece i lazzari una sorta di giovani border line di classe sociale misera che erano stati sufficientemente motivati – come succede spesso nella storia – per servire e combattere in favore proprio di chi li teneva in quelle condizioni misere.

Lo spessore della dinastia dei Savoia può essere invece visto nella fuga che tutta la famiglia fece durate la seconda guerra mondiale andandosene da Roma, quando il gioco cominciava a farsi duro. Fuggendo e lasciando allo sbando tutti i suoi sudditi.

Sì perché in un regno sia esso borbonico o savoiardo, non ci sono cittadini ma sudditi.

Mi pare quindi chiaro che attaccarsi al “il mio re è più buono del tuo” si finisce con il diventare politicamente lazzari nel XXI secolo.

Ma proseguiamo nel richiedere aiuto alla storia.

Dopo millenni di regni e re taumaturghi è quasi impossibile pretendere che la figura del re possa aver perso tout court la sua potenza che è via via stata, ed è riproposta fino ai nostri giorni.

Il re oltre a regnare, potere politico, “aveva anche il potere” di guarire i malati da alcune patologie con il solo tocco della propria mano: un vero e proprio “miracolo regio”. Per esempio nella monarchia francese questo tocco taumaturgico:

“Luigi XIII e Luigi XIV lo compiono regolarmente nelle grandi feste, Pasqua, Pentecoste, Natale o Capo d’Anno, talvolta la Candelora, la Trinità, l’Assunta, Ognissanti. Quando la cerimonia si svolge a Parigi, il Gran Prevosto la fa annunciare alcuni giorni prima a suon di tromba e con manifesti; ci sono rimasti alcuni di questi affissi al tempo di Luigi XIV” (Marc Bloch, I re taumaturghi, Einaudi, Torino, 199, pag. 280).

Ci è di aiuto per capire la posizione del sito di Grillo su ciò di cui stiamo parlando, anche la figura di scrittori come Molière - a molti di noi istintivamente vicino con la sua corrompente critica alla società – e del rapporto che ebbe proprio con la corte di Luigi XIV.

Molière per tutta la vita dispiegò il suo spirito critico con il quale metteva in ridicolo il furbo contadino, il vanitoso borghese, il mercante e lo stupido signorotto di campagna.

Tuttavia si guarderà bene dall’attaccare l’istituto monarchico, i privilegi della nobiltà, un duca o un marchese. Questo gli valse il favore e la protezione di Luigi XIV, il Re Sole. E da quest’ultimo verrà ricambiato. Molière terrà dal 1622, per concessione del re, le sue rappresentazioni al Théatre du Palais-Royal . Nel 1664 parteciperà con la sua opera Tartufo all’inaugurazione della reggia di Versaille, con la quale Luigi XIV imporrà anche visivamente ed architettonicamente il suo potere accentratore. Nel 1665 la compagnia di Molière avrà il diritto di chiamarsi troupe du Roi.

Sono gli anni durante i quali Luigi XIV assume direttamente la gestione dello Stato e introduce la mistica del potere assoluto.

Quindi facendoci condurre da dispute regie si rischia di diventare lazzari dell’uno o troupe du Roi dell’altro.

Per brevità si può ricavare dall’elenco delle 124 persone fatte giustiziare dai Borboni dopo il fallimento della Repubblica napoletana del 1799, chi componeva l’opposizione ai Borboni stessi. Si trovano medici, studenti, avvocati, contadini, ufficiali di fanteria, notai, marinai, albergatori, maestri di scherma, impiegati, poeti, benedettini, vinai, sacerdoti, farmacisti etc. Quella che noi chiameremo oggi la società civile.

E’ interessante osservare che quasi mezzo secolo dopo e lontano da Napoli, i 147 morti e feriti di un altro moto risorgimentale accaduto a Bologna l’8 agosto 1848, hanno si può dire, la stessa composizione sociale di quelli di Napoli.

Vi si trovano farmacisti, ingegneri, pittori, impiegati, legatori di canapa, possidenti, calzolai, negozianti, barbieri, scrivani, librai, portalettere, canapini, facchini, ballerini, macellai, tessitrici, sensali etc. Tra questi mi piace ricordare un giovane di 20 anni di cui non si conosce il nome, che è stato così descritto nell’elenco pubblicato sulla Gazzetta di Bologna n. 255 del mercoledì 13 dicembre 1848:

“N.N. morto all’Ospedale Clinico. Età apparente anni 20. Aveva al collo un cordone con appesa una medaglia all’immagine di M.V.”.

Non ho quindi dubbi tra i protagonisti del risorgimento scelgo di stare con Mazzini che è morto da clandestino in Italia. Con Mameli che è morto a 21 anni a seguito delle ferite nella difesa della seconda repubblica romana. Con Ugo Bassi sacerdote fucilato nella sua Bologna perché garibaldino e difensore della seconda repubblica romana. Con Garibaldi sopravissuto a tutte le battaglie e ritiratosi a vita privata. E mille e mille altri che cercavano di fare diventare gli abitanti della nostra penisola un po’ meno sudditi ed un po’ più cittadini avendo dall’altra parte, sulla penisola, ad opporsi a questo programma principalmente il Papa a Roma ed i Borboni a Napoli.

E’ vero i protagonisti del risorgimento non hanno potuto fare a meno dei Savoia, ma chi parteggiava per il Papa o per i Borboni non poteva e non può, accusare quei protagonisti del risorgimento di non aver potuto o saputo fare a meno dei Savoia.

Ognuno poi si sceglie i modelli che si merita.


Italia standard polacchi

A Napoli è morta una donna polacca per il crollo di una casa fatiscente in cui aveva trovato asilo per dormire.

Sono questi gli standard polacchi fiat voluntas tua?

Non ho litigato con nessuno

Il capo del PDL non ha litigato con nessuno (ed il cofondatore del PDL evidentemente non era nemmeno presente!).
Il capo del partito dell'amore per definizione non può litigare.
E' il primo caso di allucinazione collettiva da diretta TV.

Fiat standard polacchi

La Fiat è proiettata verso il futuro e verso i suoi operai italiani vuole applicare gli standard polacchi.

Forte della sparizione del comunismo - con il quale per altro faceva lauti affari ricordiamo Togliattigrad in URSS - che ha messo sul mercato milioni di lavoratori non sindacalizzati a disposizione della globalizzazione, la Fiat oggi può rivolgersi ai propri dipendenti italiani da una posizione di forza.
La Fiat - Fabbrica Italiana Automobili Torino - negli anni '60 e '70 del XX secolo ha fatto spostare migliaia e migliaia di meridionali a Torino con costi sociali e umani pagati unicamente da essi.
Oggi la Fiat minaccia di portare le fabbriche fuori dall'Italia se i lavoratori italiani non accettano di tornare indietro di molti decenni.
Sono lontani i tempi in cui i capitalisti erano anche liberali illuminati che nel concetto di progresso facevano andare in parallelo gli standard produttivi con gli standard umani.
Il libero mercato di oggi è il libero arbitrio del più forte.
La mitica concorrenza è una menzogna che copre cartelli di assicurazioni, banche, petrolieri e così via.
La flessibilità così come praticata rischia di diventare l'anticamera di un nuovo schiavismo.
Fiat voluntas tua. Amen

sabato 24 aprile 2010

La liberazione: Probo un probo sconosciuto

La storiografia è spesso la riproposizione del più vecchio mestiere del mondo che fa diventare la storia la prostituta di chi è in quel momento al potere.
Anche quest'anno il XXV aprile festa della Liberazione dell'Italia dai fascisti italiani e dai loro alleati nazionalsocialisti tedeschi, è accaduto.
Quando la storia era raccontata dai comunisti l'esercito degli Alleati non aveva liberato ma occupato l'Italia.
Oggi che i fascisti per procura sono andati al potere o nelle sue vicinanze e sono loro a raccontare la storia ci si dice che sono stati solo gli Alleati a liberare l'Italia.
In ambedue le storie c'è una assenza: quella degli italiani. La storia così raccontata cancella proprio gli italiani.
Per fortuna gli italiani antifascisti ed antinazisti erano invece ben presenti nella storia.
Ho qui davanti a me nella sua concretezza storica un Certificato al Patriota firmato dal Generale Alexander, Maresciallo Comandante Supremo Alleato delle Forze nel Mediterraneo Centrale, rilasciato al partigiano e patriota C. Probo. Eccone il testo completo:
"Certificato al Patriota
NEL NOME DEI GOVERNI E DEI POPOLI DELLE NAZIONI UNITE, RINGRAZIAMO C. Probo
DI AVERE COMBATTUTO IL NEMICO SUI CAMPI DI BATTAGLIA, MILITANDO NEI RANGHI DEI PATRIOTI TRA QUEGLI UOMINI CHE HANNO PORTATO LE ARMI PER IL TRIONFO DELLA LIBERTA', SVOLGENDO OPERAZIONI OFFENSIVE, COMPIENDO ATTI DI SABOTAGGIO, FORNENDO INFORMAZIONI MILITARI.
COL LORO CORAGGIO E LA LORO DEDIZIONE I PATRIOTI ITALIANI HANNO CONTRIBUITO VALIDAMENTE ALLA LIBERAZIONE DELL'ITALIA E ALLA GRANDE CAUSA DI TUTTI GLI UOMINI LIBERI.
NELL'ITALIA RINATA I POSSESSORI DI QUESTO ATTESTATO SARANNO ACCLAMATI COME PATRIOTI CHE HANNO COMBATTUTO PER L'ONORE E LA LIBERTA'.
Firmato
H.R. Alexander
Maresciallo Comandante Supremo Alleato delle Forze
nel Mediterraneo Centrale


Per capire di cosa si parla in questo certificato al partigiano e patriota Probo non affidiamoci alla memoria o all'emozione, ma alla documentazione su di esso.
Dal Libretto Personale rilasciato dal Ministero dell'Italia Occupata al giovane Probo - aveva 19 anni quando è diventato partigiano nel marzo del 1944 - si ricava che i suoi campi di battaglia sono stati Fanano, Montefiorino, Val Panaro e Lizzano in Belvedere. La sua permanenza nelle formazioni partigiane è stata dal 1944 all'aprile 1945.
In quei territori e quelle date sui "campi di battaglia" citati nel Certificato del Generale Alexander, combattevano da una parte patrioti partigiani italiani come Probo e dall'altra fascisti italiani uniti ai nazionalsocialisti tedeschi.
Da un altro documento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, veniamo a sapere che le qualifiche gerarchiche partigiane sono state per il giovane Probo le seguenti:
"Capo Squadra con 21 uomini - corrispondente a Sergente Maggiore.
Comandante di Formaz. con 142 uomini - corrispondete a Tenente.
Capo Nucleo con 10 uomini - corrispondente a Sergente" .
La solennità e la grandezza di quei combattenti per l'onore e la libertà - parola oggi anch'essa prostituita - sta tutta nel fatto che sono stati semplicemente "ringraziati" per quello che avevano fatto.
In quell'TALIA RINATA, tanto semplicemente quanto solennemente si ringraziava NEL NOME DEI GOVERNI E DEI POPOLI DELLE NAZIONI UNITE, chi aveva COMBATTUTO PER L'ONORE E LA LIBERTA'.
In quest' ITALIA RIMORTA si ringrazia, nel NOME DI SE STESSI, chi si compera per essersi fatto comperare.
Da noi Probo, da chi si sente ancora parte della tua ITALIA RINATA, un semplice e solenne:
Grazie Probo.


venerdì 23 aprile 2010

Ha abusato sessualmente di un giovane ma resta Sua Eccellenza Reverendissima

"ho abusato sessualmente di un giovane nell'ambiente a me vicino. La vittima ne è ancora segnata".

Sono le parole con le quali il vescovo di Bruges Roger Vangheluwe, ha ammesso di essere responsabile di un gravissimo episodio di pedofilia.
Ma come ha riferito Peter Adriannsens, presidente della commissione indipendente per il trattamento degli abusi sessuali nei Paesi Bassi, gli abusi del vescovo Roger Joseph Vangheluwe si sono protratti "per più anni e in più fasi", sono andati avanti "almeno sei anni, prima che si intervenisse" (Corriere della Sera 23.04.2010).
"Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Brugge (Belgio), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Roger Joseph Vangheluwe" (Osservatore Romano del 24.04.2010 già sul web).
Sono le parole con le quale un altro Joseph, Papa Benedetto XVI, ha accettato le dimissione di Joseph Vangheluwe.


giovedì 22 aprile 2010

Tutti servi

"Non è un partito di servi e di liberi non c'è questa dicotomia".