Nel settantesimo anniversario del censimento degli italiani di religione ebraica, si vuole procedere al censimento degli italiani che si identificano con il nome di rom.
La storia può risultare irresistibile e potente come la biologia. Ci può programmare l’ideologia, la religione, così come ci programma la biologia.
Ineffabili, dentro le loro camicie bianche e le cravatte Regimental i nipoti di quel censimento del 1938 che ci siamo coltivati in questa nostra Repubblica, ci indicano ora come pericolo per l’Italia, nientemeno che i bambini rom.
Chi è cresciuto leggendo Julios Evola, Mussolini, Preziosi e, nelle feste comandate, Hitler, chi si è nutrito per decenni di tutto ciò, giunto sui 50/60 anni può forse cambiare?
Sì, può mettersi in testa il copricapo ebreo. Certo, può dichiarare “male assoluto” ciò a cui credeva fino a qualche anno fa. Ma tutto questo sarà solo un non fare corrispondere il copricapo con cosa c’è nel capo.
Risulta così che coprirsi la testa con il copricapo ebreo, consente in un primo tempo di diventare per esempio sindaco di Roma o ministro della Repubblica, e in seguito di proporre il censimento dei rom.
Il cerchio si chiude.
Un censimento è tale se si “conta” la totalità della popolazione. Gli italiani nomadi si debbono censire quando si censiscono gli italiani stanziali. In caso contrario non è un censimento ma una indagine su una parte, una schedatura, un deposito di notizie che si può utilizzare alla bisogna, contro quella parte.
venerdì 27 giugno 2008
(2) Censimento rom 2008
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