L’amore per la vita che i cattolici oggi ad ogni occasione manifestano può essere definito una sorta di culturismo teologico del corpo che va ad affiancarsi al vero e proprio culto del corpo che oggi pervade la società, ed a confondersi con esso.
Le dichiarazioni del Presidente del Consiglio “La nostra è una cultura della vita e della libertà, dall’altra parte c’è la cultura della morte e dello statalismo” (Il Tempo.it del 8.2.2009) va in parallelo con la nota della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana: “Cei: non venga meno la passione per la vita”. (Avvenire 10.02.2009, pag. 7).
Queste asserzioni lasciano disarmati gli interlocutori.
Sarebbe come contestare chi dicesse: “La nostra è la cultura dell’aria”, oppure chi predicasse “non venga meno la passione per l’acqua che ci disseta”.
Impossibile ribattere senza passare per pazzi assassini.
Ma la vita, così come l’aria e l’acqua non è un concetto astratto che vive di vita propria.
La vita, la nostra vita è legata indelebilmente al nostro corpo mortale, un corpo inserito nella storia.
Il confine, quindi “la misura” della vita sono inevitabilmente cambiati con il tempo, seguendo il confine e “la misura” del corpo.
Il cardinale Josè Saraiva Matins che in questi giorni ha detto sulla morte di Eluana, secondo quanto riportato da Avvenire: “è stato un omicidio” (Avvenire 10.2.2009, pag. 7), negli anni ’60 del XX secolo avrebbe preso lui stesso dell’”omicida” se all’epoca avesse accettato – come accetta oggi la Chiesa alla quale appartiene – l’espianto di organi da un corpo che ha ancora il cuore che batte. Così a ritroso si può continuare quasi all’infinito.
Portare la vita nell’astrazione è portare la morte nell’astrazione. Con l’astratto e continuo grido alla vita la Chiesa così facendo va ad affiancarsi all’edonismo culturale che ha messo al bando la morte come politicamente scorretta, così come ha messo al bando il corpo che la vita stessa corrompe con il suo trascorrere e che lo rende vecchio e acciaccato. La vita, come il corpo, deve essere così senza rughe, inamidata, fresca, sorridente. Così come pure i vestiti che ricoprono il corpo.
Senza rughe, fresca, sorridente come è stata presentata Eluana Englaro dal quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana Avvenire negli ultimi giorni della sua drammatica esistenza.
Fotografia che in quanto tale ha fermato in un determinato attimo di venti anni fa il volto di Eluana.
Quella foto non ha fermato però la vita di Eluana a quel felice momento, né poteva cambiare la tragica realtà della vita di Eluana da quella foto in poi.
La ripetitività di quella foto ha solo evidenziato la tecnica di comunicazione che è quella di chi crede che la ripetitività è verità e che la ripetitività è potere, raggiungendo purtroppo in molti casi l’obbiettivo. Così come questo culturalismo ideologico pare evidenziare dove porti l’adottare, da parte della Chiesa, contenuti e codici di linguaggio che si trovano nel secolo. Nel nostro caso in questo XXI secolo.
Porta a dimenticare che per i cristiani la vera vita non è questa, perché loro sono in questo mondo ma non sono di questo mondo. Concetti che si trovano nel Nuovo Testamento così come nei Padri della Chiesa. Tertulliano dice agli interlocutori romani che: “Innanzi tutto perché nulla nel mondo ci interessa se non la prospettiva di uscirne al più presto”.( Tertulliano, Apologetico, Ed. Laterza, Bari, 1972, pag. 221).
Sant’Ignazio scrive ai Romani del giorno della sua morte: “Ecco, è vicino il momento in cuoi io sarò partorito.” (I Padri apostolici, parte II, Soc. Edit. Internaz., Torino, 1942, VI, 1, pag. 108).
Sì perché per la tradizione cristiana il giorno della morte è il dies natalis, il giorno della nascita in Dio.
Per il cristiano non ha valore la vita tout court, ma la vita finalizzata alla nascita in Dio. Ha valore quindi la vita battesimale, la vita da cristiano, la vita del battezzato, la grazia di Dio, tutto ciò che porta a vivere eternamente in Lui.
Il vero e proprio inno alla vita che la Chiesa in questi giorni ha accentuato si trasforma in un inno pagano alla vita poiché dimentica ciò che per il cristiano dà vita e cioè l’anima. Non c’è stato alcun Cardinale, sacerdote e cattolico impegnato che in questi giorni ci abbia raccontato e ricordato dell’esistenza dell’anima.
L’anima è la grande assente dal dibattito sulla vita.
L’anima che è giustificazione stessa della vita. Esistenza dell’anima che è stata così spiegata:
“Se i giovani fossero fatti solamente per imparare a leggere, scrivere e far dei mestieri; se avessero solo un corpo da diventare più agile e robusto, avreste ragione.
Ma essi hanno un’anima, la portano con sé anche quando vanno a scuola e ad esercitarsi nello sport. Ora quest’anima deve coltivarsi sempre, e crescere in bontà…”.
Ed alla domanda: - “noi conosciamo dei nostri compagni, che non vanno mai dai religiosi, né in Chiesa. Studiano, imparano come professori; e saltano svelti come caprioli. Li chiamereste dei ragazzi morti? - E’ stata data questa risposta:
“Purtroppo: morti spesso al buon costume, e perfino alla cortesia più umana; morti, in ogni modo, alla grazia di Dio, al Paradiso. E questi poveri morti non fanno che crescere, con gli anni, nella corruzione, nuocendo alle altre anime con il loro contagio, e preparando rovine e morti anche materiali alla stessa patria. Siate sinceri: fareste a baratto con loro, voi che andate in chiesa e vi regolate in tutto, anche negli studi e nella ricreazione, col santo timor di Dio? Cambiereste la vostra coscienza, la vostra condotta, con la loro bravura a scuola, e alla palestra ginnastica? [Crociata Eucaristica dei Fanciulli, Febbraio 1928, pag. 29,30. Sotto alla testata vi era raffigurato Pio XI seduto in trono circondato da fanciulli vestiti da crociati e questa frase: “In questo apostolato della preghiera stanno in prima fila i piccoli crociati (Pio XI discorso 3 dicembre 1923)].
Tutti concentrati nell’adorazione del corpo i cattolici hanno forse perso l’anima. L’hanno forse dimenticata sfilando davanti al corpo di Padre Pio ricostruito per l’occasione e l’hanno forse persa davanti alla foto di Eluana sorridente, una Eluana che non esisteva più da quasi vent’anni, così come non esiste più da tempo il corpo di Padre Pio presentato alla venerazione dei fedeli.
Tutto il d’affare cristiano si riassume in questa essenza della passività: “La salvezza viene dalla morte di Cristo, non dalle nostre opere”. (Monsignor Bruno Maggioni, Introduzione all’epistolario paolino, in La Bibbia, Ed. San Paolo, 2009, pag. 2331).
Tutto questo copre il proclamato amore per la vita: un universo di anime, demoni, morte letteralmente impresentabile all’uomo del XXI secolo.
Se i cattolici non vogliono fare il baratto con i loro, lascino, i cattolici, la libertà ai loro di non fare il baratto con i cattolici.
I loro che non sanno di avere un'anima, sanno che la vita è fragile, finita e quindi immensamente preziosa ed i loro su questi temi non si azzarderebbero neppure a proporre di decidere per voi, di voi. E se c'è qualcuno dei loro che lo fa state certi che è dei vostri o che prima o poi lo diventerà.
Grazie.
domenica 15 febbraio 2009
Culturismo teologico del corpo e sparizione dell’anima
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