Ieri l’altro sul quotidiano Avvenire della Conferenza Episcopale Italiana, si potevano leggere tra le altre, le parole dei successori degli Apostoli a commento della morte della povera Eluana Englaro.
Il Cardinale Josè Saraiva Martins ha detto: “è stato un omicidio, provo un immenso dolore davanti alla violenza con cui è stata soppressa questa vita umana”.
Monsignor Albert Malcom Ranjith, segretario della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti ha dichiarato: “in Italia, un Paese che si dice cristiano, in nome di una falsa pietà, si sta invece uccidendo questa inerme ragazza nel peggiore dei modi”.
Su quel numero di Avvenire c’era poi l’editoriale dal titolo: “Non morta, ma uccisa”. L’affermazione “Eluana è stata uccisa”, nel testo diventava quasi un intercalare così che il lettore l’avesse sempre presente.
Toni così gravi e definitivi farebbero pensare che la vita dunque per la Chiesa deve essere al di sopra di tutto, se si chiama omicidio il calvario durato 17 anni della povera Eluana e della sua famiglia, finito lunedì sera.
Ma non è così.
La vita umana è al di sopra di tutto per la Chiesa, ma con una eccezione, una grande eccezione descritta negli Atti degli Apostoli al cap. 5 versetti 1, 11.
Questo episodio ha per protagonista Pietro che interroga e giudica Anania e sua moglie Saffira:
“Un uomo di nome Anania con la moglie Saffira vendette un suo podere e, tenuta per sé una parte dell'importo d'accordo con la moglie, consegnò l'altra parte deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro gli disse: "Anania, perché mai Satana si è così impossessato del tuo cuore che tu hai mentito allo Spirito Santo e ti sei trattenuto parte del prezzo del terreno? Prima di venderlo, non era forse tua proprietà e, anche venduto, il ricavato non era sempre a tua disposizione? Perché hai pensato in cuor tuo a quest'azione? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio".
All'udire queste parole, Anania cadde a terra e spirò. E un timore grande prese tutti quelli che ascoltavano. Si alzarono allora i più giovani e, avvoltolo in un lenzuolo, lo portarono fuori e lo seppellirono.
Avvenne poi che, circa tre ore più tardi, entrò anche sua moglie, ignara dell'accaduto. Pietro le chiese: "Dimmi: avete venduto il campo a tal prezzo?". Ed essa: "Sì, a tanto". Allora Pietro le disse: "Perché vi siete accordati per tentare lo Spirito del Signore? Ecco qui alla porta i passi di coloro che hanno seppellito tuo marito e porteranno via anche te". D'improvviso cadde ai piedi di Pietro e spirò. Quando i giovani entrarono, la trovarono morta e, portatala fuori, la seppellirono accanto a suo marito. E un grande timore si diffuse in tutta la Chiesa e in quanti venivano a sapere queste cose.”
Durante i secoli si sono fatte diverse considerazioni circa l’eccessiva severità verso Anania e Saffira morti per non avere consegnato l’intero ricavo della vendita di un podere.
E’ un episodio comunque sconcertante poiché Anania donò una parte del suo denaro a Pietro ed alla Chiesa non avendo alcun obbligo verso di loro, ed invece di acquistare un merito, venne punito con la morte sua e di sua moglie.
In questa sede per brevità, si può solo osservare che è la prima volta che negli Atti è usato il nome di Chiesa, ed è accostato a “timore”, “paura”.
Nell’edizione de La Bibbia uscita proprio in questi giorni che è la “Nuova versione ufficiale della conferenza Episcopale Italiana”, Ed. San Paolo, è fugato ogni dubbio. Si può leggere a pag. 2280, tra l’altro, nel commento al brano degli Atti 5,1-11:
“Il peccato di Anania e Saffira è visto come un attentato contro la santità e l’integrità della comunità cristiana, che si fonda sullo Spirito. Per questo porta alla morte fisica, ma soprattutto spirituale: poiché essi si sono contrapposti allo Spirito che dà vita.”
Eternamente grati per quel “ma soprattutto spirituale”, rimane il fatto che Anania e Saffira sono morti senza aggettivi. L’Autore degli Atti che poi si premura di specificare che Anania venne immediatamente sepolto, così pure come la moglie Saffira, non si premura di informarci se eventuali parenti dei due siano stati avvertiti della loro morte.
E sono morti perché attentavano all' “integrità della comunità cristiana”, cioè della Chiesa dentro la quale si diffuse “un grande timore”.
Timore che diventa panico e si diffonde anche fuori dalla Chiesa leggendo che Anania e Saffira sono morti perché si sono “contrapposti allo Spirito che dà vita”.
Abbiamo capito. L'intangibilità e santità della vita umana è al di sopra di tutto fuorchè di chi è indicato come chi attenta "la santità e l'integrità della comunità cristiana", infatti questo "peccato" porta "alla morte fisica, ma soprattutto spirituale".
giovedì 12 febbraio 2009
Gli Atti degli Apostoli e la cultura della vita.
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