sabato 19 febbraio 2011

IL GOVERNO ITALIANO DELL'AMORE E L'AMICO LIBICO

L'AGENZIA ANSA INFORMA CHE la polizia e l'esercito agli ordini di Gheddafi: "hanno ucciso almeno 84 persone in Libia in tre giorni di manifestazioni." di protesta.
Attendiamo che l'ANSA ci informi che "il Governo italiano è intervenuto presso l'amico libico per invitarlo a cessare ogni violenza contro i manifestanti".
Attendiamo che l'ANSA ci informi che "una delegazione dei "Promotori della Libertà" si è recata in Libia per garantire ai libici l'esercizio della libertà di manifestare".
Attendiamo che l'ANSA ci informi che "i tre coordinatori del PDL, il partito dell'amore, si sono recati dal colonnello Gheddafi per invitarlo a ricevere amorevolmente delegazioni di manifestanti per conoscere le loro richieste e garantire con amore la loro incolumità".
Attendiamo........appunto!


venerdì 18 febbraio 2011

Il denaro: la prostituta universale

Vorrei mettere a disposizione di chi avrà l'amabilità di leggerle alcun considerazioni sul denaro fatte da Karl Marx. Eccole:
"Ciò che è mio grazie al denaro, ciò che io posso, cioè può comprare, il denaro, ciò sono io, il possessore del denaro stesso. Quanto grande è la forza del denaro, tanto grande lo è la mia.[...]
Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella donna. Dunque io non sono brutto, giacchè l'effetto della bruttezza, il suo potere repellente, è annullato dal denaro.[...]
Il sono un uomo malvagio, infame, senza coscienza, senza ingegno, ma il denaro è onorato, dunque lo è anche il suo possessore.
Il denaro è il più grande dei beni, dunque il suo possessore è buono; il denaro mi dispensa inoltre dalla pena di essere disonesto, mi si presume, dunque, onesto; [...]
Io, che mediante il denaro posso tutto ciò che un cuore umano desidera, non possiedo io tutti i poteri umani? Il mio denaro non tramuta tutte le mie impotenze nel loro contrario?
Se il denaro è il legame che mi unisce alla vita umana, alla società, alla natura e agli uomini, non è esso il legame di tutti i legami? Non può esso sciogliere e stringere tutti i legami? E non è perciò anche il mezzo generale di separazione? Esso è la vera moneta divisionale, come anche il vero mezzo d'unione[...]
Shakespeare sottolinea soprattutto due proprietà del denaro:
1) Esso è la visibile divinità, la trasformazione di tutte le qualità umane e naturali nel loro contrario, la confusione e la perversione universale delle cose; esso concilia le impossibilità;
2) esso è la prostituta universale, l'universale mezzana di uomini e popoli.
La perversione e la confusione di tutte le qualità umane e naturali, la conciliazione delle impossibilità - la potenza divina - del denaro, sono implicite nella sua essenza in tanto che essenza generica alienata, alienante e alienantesi, degli uomini.
Esso è la potenza alienata dell'umanità.
Ciò che io non posso come uomo, dunque ciò che non possono tutte le mie forze essenziali di individuo, io lo posso grazie al denaro. Il denaro fa così di ognuna di queste forze essenziali ciò che essa non è in sé, cioè il suo contrario.
Se io desidero un cibo o voglio servirmi della diligenza, perchè non sono abbastanza in forze da far la strada a piedi, il denaro mi procura il cibo e la diligenza, cioè trasforma i miei desideri in essenza delle rappresentazioni, traduce la loro esistenza pensata, rappresentata, voluta, nella loro esistenza sensibile, reale, la rappresentazione in vita, l'essere rappresentato nell'essere reale. In quanto è questa mediazione, esso è la potenza veramente creatrice.[...]
Se io non ho denaro per viaggiare, io non ho bisogno, cioè bisogno reale e capace di realizzarsi di viaggiare. Se ho la vocazione allo studio ma non ho il denaro per farlo, io non ho la vocazione allo studio, cioè vocazione efficace, vera. Viceversa, se non ho realmente vocazione allo studio, ma ne ho la volontà e il denaro, io ho inoltre un'effettiva vocazione.
Il denaro, in quanto mezzo e potere esterni e generali - non derivanti dall'uomo come uomo, nè dalla società umana come società - di trasformare la rappresentazione in realtà e la realtà in semplice rappresentazione, trasforma ugualmente le reali forze sostanziali umane e naturali in rappresentazioni meramente astratte e quindi in imperfezioni e penose chimere; come d'altra parte, trasforma le imperfezioni e chimere reali, le forze essenziali effettivamente impotenti, esistenti soltanto nell'immaginazione dell'individuo, in forze essenziali e poteri reali.[...]
Esso appare, in quanto tale forza di perversione, contro l'individuo contro i legami sociali, ecc., che pretendono di essere entità in sé. Esso trasforma la fedeltà in infedeltà, l'amore in odio, l'odo in amore, la virtù in vizio, il vizio in virtù il servo in padrone, il padrone in servo, l'idiozia in intelligenza, l'intelligenza in idiozia.
Poichè il denaro, in quanto concetto esistente e manifestantesi del valore, confonde e scambia tutte le cose, esso è così la universale confusione e inversione di ogni cosa, dunque il mondo sovvertito, la confusione e inversione di tutte le qualità naturali e umane.
Chi può comprare il coraggio è coraggioso, anche se è vile.[...]
Ma se supponi l'uomo come uomo e il suo rapporto col mondo come un rapporto umano, tu puoi solo scambiare amore con amore, fiducia con fiducia, ecc. Se vuoi godere dell'arte, devi essere un uomo con una cultura artistica; se vuoi esercitare un'influenza su altri uomini, devi essere un uomo che esercita una azione realmente animatrice e stimolante sugli altri uomini.
Ogni tuo rapporto con gli uomini - e con la natura - deve essere una manifestazione determinata, corrispondente all'oggetto della tua volontà, della tua vita individuale reale.
Se tu ami senza suscitare un amore reciproco, cioè se il tuo amore come amore non suscita amore reciproco, se attraverso la sua manifestazione vitale, di uomo che ama, non ti trasformi in uomo amato, il tuo amore è impotente, è una disgrazia."
(Scritti sull'arte, K. Marx e F. Engels, Ed. Laterza, Bari, 1976, pag. 206-211).

venerdì 11 febbraio 2011

Il Foglio: Silvio Berlusconi nelle fattezze giustinianee

L'eccesso di zelo che raffigura su Il Foglio, Berlusconi novello Giustiniano non ha tenuto conto che

"L'imperatore Giustiniano puniva i bestemmiatori con la pena di morte"(1)
come ci ha ricordato in un suo libro contro la bestemmia Padre Giuseppe Iacobelli, Minore Conventuale.
Ora c'è il rischio di un suicidio?


(1) P. Giuseppe Iacobelli, Minore Conventuale, Per la Fede e per la Patria, Ed. C.E.F.A., Città di Castello, 1928, pag. 181 – V. Nihil obstat Fr. Ioseph Abate O.F.M.C. Cus. S. Conv. Rev. Del. Assisi, 19 XII 1927.)





Il Foglio: Silvio Berlusconi nelle fattezze giustinianee

L'apoteosi, l' eccesso di zelo, può scollinare nella più feroce satira, ne sia cosciente o meno l'autore dell'apoteosi.

Certo Seneca ne era cosciente quando celebrava l'elogio funebre all'imperatore Claudio, (conosciuto anche con il titolo de La zucca divinizzata) farcito di lodi talmente esagerate, da provocare negli ascoltatori ripetuti e mal repressi scoppi di risate. Seneca così descriveva poi la morte di Claudio:
"Spirò mentre ascoltava dei commedianti (capisci ora che ho le mie buone ragioni per evitarli). Le sue ultime parole ad essere udite tra i mortali, dopo che ebbe prodotto gran rumore dalla parte con cui più facilmente parlava, furono queste: "Ahimè...mi sono smerdato!".
Se proprio l'abbia fatto non lo so: certo in vita ha smerdato ogni cosa." (Seneca, La zucca divinizzata, Apoteosi di Claudio, ed. Quid, Santa Marinella, Roma, 1993, III, pag. 14).
Su Il Foglio di oggi e rappresentato "Silvio Berlusconi nelle fattezze giustinianee" come recita la didascalia sotto la raffigurazione e c'è da pensare che l'eccesso di zelo abbia giocato un brutto scherzo a Il Foglio.
Infatti se certo si può grandemente onorare il Presidente del Consiglio raffigurandolo come l'Imperatore Giustiniano, l'operazione può trasformarsi nel suo contrario se per esempio si conoscono i giudizi che Procopio illustre contemporaneo dell'Imperatore Giustiniano dava dello stesso e della sua moglie.

Ecco come Procopio “l’ineccepibile storico delle guerre bizantine” ha descritto la “verità” di sangue, delirio e corruzione sul pio imperatore Giustiniano e sulla grande Teodora”.

Ecco la sua descrizione di Giustiniano:

“Era un mascalzone, semplice però da manovrarsi, quello che si chiama cattivo e stupido, mai veritiero con la gente, ma ambiguo sempre in tutto, nelle parole e nei fatti, eppure facile preda di chi voleva imbrogliarlo. Si era realizzata in lui una singolare combinazione costituita da follìa e malvagità. Gli calzava bene il detto di un antico filosofo peripatetico: nell’indole umana capita che si fondano gli opposti, come nella tavolozza dei colori. Sto scrivendo cose che non sono arrivato a toccar con mano.

Questo imperatore era dunque falso, subdolo, artefatto, cupo nelle sue ire, doppio, un essere terribile, bravissimo nel fingere un’opinione, in grado di piangere non per la gioia o per il dolore, ma a comando nel mmento propizio; bugiardo sempre, ma con convinzione e impegnandosi con dichiarazioni scritte e i giuramenti più solenni, e nei confronti dei suoi stessi sudditi.

Dagli accordi e dagli ipegni si ritirava subito, come i peggiori degli schiavi, che giurano e ritrattano per paura della tortura che li aspetta. Amico incostante, nemico implacabile, appassionato dedito a assassinii e furti, attaccabrighe e sempre lieto di buttar tutto all’aria, facile alasciarsi convincere a crimini, refrattario a qualunque invito all’onestà, sottile nell’escogitare e realizzare ribalderie; considerava sgradevole anche la fama delle buone azioni. Nessuno troevrebeb parole adeguiate a descrivere il carattere di Giustiniano. Dimostrò di avere questi difetti ed altri anche peggiori in misura non certo umana: pareva che la natura avesse tolto al resto del mondo la perversione per concentrarla in lui.

Oltre a tutto, era sensibilissimo alle calunnie e fulmineo nel punire. Non giudicava mai in base a un’accurata inchiesta: ascoltava la falsa accusa e subito emetteva la sentenza. Non esitava un momento a siglare provvedimenti che decretavano distruzione di paesi, incendio di città, asservaggio di intere popolazioni, senza una ragione al mondo. Insomma, se uno mettesse a confronto tutti i disastri capitati ai Romani dal principio con quelli di oggi, credo che il macello compiuto da questo individuo largamente superi il sangue sin qui versato complessivamente.

Non aveva remore ad impadronirsi con rara insensibilità del denaro altrui; nemmeno si degnava di cercare una scusa, uno schermo legale all’usurpazione dei beni di terzi. Una volta che erano suoi, era pronto a sentirsi superiore e, con vacua prodigalità, a buttarli via, dandoli ai barbari, senza motivo. Insomma, di denaro non riusciva a averne lui, ma non lasciava neanche che ne avessero gli altri, come fosse dominato non dalla cupidigia, ma dall’invidia verso i benestanti.

E così bandì rapidamente la prosperità dall’intero impero, divenne elargitore di una miseria generale.”

Ed ecco invece la storia dell’imperatrice Teodora, che inizia quando la stessa segue le orme della sorella Comitò:

“La maggiore, Comitò, era già diventata famosa tra le cortigiane della sua età; Teodora, la seconda, vestita di una tunichetta con le maniche, come una schiava, le andava dietro, pronta ai suoi servizi: in particolare si caricava sulle spalle il cuscino adoperato dalla sorella per i suoi convegni. In quel periodo Teodora era ancora troppo acerba per andare a letto con un uomo e accoppiarsi con lui normalmente: intratteneva però sconci rapporti di tipo maschile con degli sciagurati, e per di più schiavi, che accompagnavano i padroni a teatro e, come accessorio dell’occasione loro offerta, si dedicavano a obbrobri del genere; e anche nel lupanare trascorse parecchio tempo, esercitandosi in siffatte pratiche contro natura.

Appena arrivata alla pubertà e sviluppata fisicamente, si aggregò alle attrici e passò immediatamente a prostituta, della specie una volta chiamata “da truppa”: non sapeva suonare il flauto o l’arpa, non aveva mai imparato a ballare, si limitava semplicemente a offrire le sue grazie a chi capitava, impegnando tutto quanto il suo corpo.

Poi si associò a dei mimi in ogni tipo di spettacolo teatrale, partecipò allo loro rappresentazioni, prestandosi alle loro buffonerie e pagliacciate. Era molto spiritosa e mordace […] si spogliava e mostrava nudo il davanti e il didietro, a chiunque, contro la decenza che vuole coperte certe parti e nascoste alla vista degli uomini.[…] Mai ci fu donna più schiava del piacere in ogni sua forma: spesso andava ai banchetti con dieci giovanotti o anche di più, notevolmente vigorosi e veri professionisti del ramo, e si metteva a letto con tutti per l’intera notte; quando li aveva sfiniti, passava ai loro servi, magari una trentina, e faceva all’amore con ciascuno di essi, senza riuscire neanche così a placare la sua lussuria.

Una volta, in casa di gente di riguardo, durante un banchetto, davanti agli occhi di tutti i convitati, dicono, salì sul bordo del suo letto conviviale, e si tirò su sconciamente le vesti che le coprivano le gambe, senza vergognarsi di esibire in pubblico la sua dissolutezza. Utilizzando i tre orifizi, se la prendeva con la natura perché non le aveva fornita di capezzoli con fori più larghi, per inventarsi un’altra forma di piacere. Spesso restava incinta, ma conosceva tutti i mezzi che le garantivano un immediato aborto.”

Procopio poi descrive l’incontro di Teodora con Giustiniano che ne viene immediatamente preso:

“[Teodora] dopo aver percorso tutto l’Oriente, riapprovò a Bisanzio: in ogni città aveva esercitato un mestiere che, a nominarlo, un uomo perde per sempre, credo, la misericordia divina, come se il diavolo non permettesse che qualche luogo ignorasse la sfrenata lussuria di Teodora.

Ecco come nacque e fu allevata e divenne famosa fra le tante prostitute e in mezzo agli uomini. Appena tornata a Bisanzio, Giustiniano si accese di lei in maniera violenta e in un primo momento se la tenne come amante, anche se l’aveva elevata al rango di patrizia. Per Teodora fu facile acquistare uno straordinario potere e procurarsi una fortuna ragionevolmente cospicua. Perché a Giustiniano la cosa più bella (come capita a chi perde la testa per amore) pareva elargire all’amata ogni favore e ricchezza. In questo caso la politica fece da scintilla della passione. Con le accanto, Giustiniano riuscì a rovinare ulteriormente il popolo, non solo a Bisanzio, ma nell’intero territorio romano. ” (Procopio di Cesarea, Carte segrete, Ed. Garzanti, Milano, 1981, VIII pag.45,46;IX, pag. 48, 49; IX, pag. 51)








Ferrara intervista Togliatti: perchè attacco i PM

C'è da immaginarselo Ferrara che scrive le domande, che scrive le risposte e poi le manda al Migliore che le legge.
Il Migliore ringrazia e scrive: "Vi chiedo scusa se, nel rivedere, io abbia rielaborato in alcuni punti il testo preparato da voi. L'importante è che voi date al pubblico una esposizione in cui ogni cosa è vera e certa, fondata [...] su dati oggettivi e su documenti."
La conversazione continua con il racconto del Migliore baciato dalla Provvidenza, che: "vinto il concorso per la borsa di studio, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza. Fu una decisione improvvisa, strana [...] Insistettero per questo mutamento i parenti materni, che parlavano della molteplicità di carriere cui una laurea in legge apre le porte". Ora il Migliore dice che "quella fu un'astuzia della Provvidenza."
Togliatti poi ricorda quando si trovò sotto attacco quando "le sedi popolari furono espugnate a cannonate e gli squadristi, sicuri, ripresero la loro barbara caccia all'uomo. Togliatti fu dappertutto, nel centro e nei borghi".
Poi quando lo stato si scatenò contro il Migliore ed i suoi, egli dichiarò: "La politica attuale dello Stato borghese è tipicamente dittatoriale. [...] scompare ogni divisione tra potere e potere e indipendenza di potere [...] Esercito, magistratura, polizia, burocrazia sono strumenti del potere accentrato dello Stato [...] Il governo tenta di togliere anche al Parlamento gli ultimi poteri, mentre di fatto ogni attività legislativa è oramai passata nelle mani della burocrazia e del governo."
Sì è vero, questa non è l'intervista di Ferrara a Berlusconi. E' l'intervista conversazione di Maurizio Ferrara, padre di Giuliano Ferrara, a Palmiro Togliatti allora capo del Partito Comunista Italiano, chiamato anche, perchè non vi fossero dubbi, il Migliore.(Conversando con Togliatti, di Marcella e Maurizio Ferrara, Edizioni di Cultura Sociale, Roma, 1953, pag. 16,17,94,101).
La famiglia Ferrara prima con il padre ed ora con il figlio è stata con "il Migliore" di turno.
L'Unità prima ed il Foglio poi hanno avuto la mission di celebrare allora il Migliore Togliatti, oggi il Migliore Berlusconi.
L'Unità organo del Partito Comunista Italiano su cui per più di due decenni aveva scritto Maurizio Ferrara, diventandone direttore gli ultimi anni, chiamava DDR, Repubblica Democratica Tedesca uno stato comunista a partito unico che nulla aveva di democratico. In virtù di questo gioco di parole chi allora era contro la DDR, era automaticamente contro la democrazia.
Oggi si ripete la storia con il Popolo della Libertà. Chi è contro il Popolo della Libertà ed il suo leader è contro la Libertà ed è un antidemocratico.
Il Foglio organo della Convenzione della Giustizia di cui è direttore Giuliano Ferrara riporta la dichiarazione di Berlusconi in questo senso: "C'è un piano antidemocratico, gestito da procure spionistiche e con giacobini al seguito, per liberarsi di me evitando il voto."
Dopo avere esposto la sua difesa, Berlusconi termina facendo precedere i suoi buoni propositi da questa constatazione: "I sondaggi e l'aria del tempo ci dicono che la maggioranza dei cittadini.......".
Qui siamo alla fondazione di una nuova disciplina la aerosofia. che si basa sulla lettura dei sondaggi e sull'annusamento dell'aria per decidere il da farsi.
Ma il numero de Il Foglio dell'11 febbraio 2011 bisognerebbe distribuirlo nelle scuole perchè è pedagogico, è il miglior informatore di se stesso verso l'esterno.
Un vettore inconsapevole dei residui del socialismo reale trapiantati nel capitalismo. Sono presenti tutti dai comunisti ortodossi del PCI agli appartenenti ai gruppi alla sua sinistra più o meno arrabbiati ora approdati al capitalismo. Inutile citarne i nomi, ormai svolgono funzioni, sono funzioni.
Se su Il Foglio di oggi in prima pagina vi è la difesa di Berlusconi, all'interno vi è una pagina intera di pubblicità di PUBLITALIA 80 del Gruppo Mediaset.
Un numero pedagogico appunto.