venerdì 26 aprile 2013

IL XXV APRILE E' MORTO

Il morto si specchia
e vede morti dappertutto

XXV APRILE 2013: INCONTRO ENRICO LETTA E M5S


Dopo essere riuscito con una parte del PD a fare rieleggere Giorgio Napolitano e rendere raggiante Berlusconi;
dopo essere riuscito a gettare tra le braccia del PDL il PD e rendere raggiante Berlusconi, per poi poter dire “l’avevamo detto”;
ieri il M5S è riuscito nell’impresa – durante l’incontro per le consultazioni - di fare diventare un gigante Enrico Letta.


P.S. – A proposito dopo avere mandato a casa e dichiarati morti Ingroia, Fini, Bersani e il XXV Aprile, il M5S quando pensa di cominciare a mettere in campo le strategie per mandare a casa anche Berlusconi?

SAVIANO, LA RESISTENZA I PARTIGIANI E PABLO NERUDA.


Quello che manca spesso è più importante di quello che c’è.
Preceduto dallo spot di Santoro per il suo ultimo libro, ieri sera a Servizio Pubblico, Saviano ha fatto il suo intervento in occasione della Festa della Liberazione dal fascismo del  XXV Aprile.
Salvo errore, è riuscito a non pronunciare la parola “partigiano” che ha definito con il più neutro “i resistenti”.
Curioso poi che per celebrare la Festa della Liberazione dell’Italia abbia parlato del Cile.
Curioso che parlando del Cile del golpista generale Pinochet sia riuscito a non nominare la parola “comunista” o “comunismo” né Unidad Popular, la coalizione di centro sinistra che appoggiava il Presidente eletto del Cile Allende, morto durate il golpe l’11 settembre 1973.
Curioso poi che, lui Saviano uno scrittore, sia riuscito a non nominare né onorare il comunista e poeta premio Nobel Pablo Neruda morto improvvisamente il 23 settembre 1973, dodici giorni dopo che Pinochet prese il potere in Cile bombardando la Casa Rosada (proprio nei giorni scorsi si è pensato di riesumare la salma di Neruda per vedere se sia stato avvelenato da mandanti di Pinochet).
Se Saviano voleva a tutti i costi essere inclusivo – ma fare attenzione perché si può includere fino all’insignificanza – poteva invece del brano preadolescenziale che ha letto nel finale del suo intervento, scegliere tra le mille pagine del poeta cileno Neruda. Per esempio questa:
“Quanti significati sono celati dietro un abbraccio?
Che cos'è un abbraccio se non comunicare, condividere e infondere qualcosa di sé ad un'altra persona?
Un abbraccio è esprimere la propria esistenza a chi ci sta accanto, qualsiasi cosa accada, nella gioia che nel dolore.
Esistono molti tipi di abbracci, ma i più veri ed i più profondi sono quelli che trasmettono i nostri sentimenti. A volte un abbraccio, quando il respiro e il battito del cuore diventano tutt'uno, fissa quell'istante magico nell'eterno. 
Altre volte ancora un abbraccio, se silenzioso, fa vibrare l'anima e rivela ciò che ancora non si sa o si ha paura di sapere. Ma il più delle volte un abbraccio è staccare un pezzettino di sé per donarlo all'altro affinché possa continuare il proprio cammino meno solo.”
(Pablo Neruda).

XXV APRILE 2013: MI SI NOTA PIU' SE CI VADO O SE NON CI VADO?




La portavoce cittadina del M5S dopo avere scritto nel suo blog che l’ideologia fascista “prima che degenerasse aveva una dimensione nazionale di comunità attinta a piene mani dal socialismo, un altissimo senso dello stato e la tutela della famiglia”, doveva decidere se partecipare alla cerimonia a Roma per il XXV Aprile giorno della Liberazione dell’Italia  dai tedeschi nazionalsocialisti e dagli italiani fascisti loro alleati.
Mi si nota di più se ci vado o se non ci vado?
La prima ipotesi ha trionfato. Scrive il Corriere della Sera:
“25 aprile, spunta la Lombardi
Napolitano è atteso all'Altare della Patria, a Roma, per deporre una corona in occasione del 25 aprile. Prima del suo arrivo su piazza Venezia, numerose persone si sono radunate dietro le transenne. Tra i presenti, a sorpresa, spunta anche Roberta Lombardi, capogruppo alla Camera del Movimento 5 Stelle. Impegnata in continue telefonate, la Lombardi ha atteso l'arrivo del Capo dello Stato.”

giovedì 25 aprile 2013

XXV APRILE: SU IN COLLINA (DEDICATO A PROBO)

Era scalzo, né giacca, né camicia,
nudo fino alla vita e fra le mani
teneva un asse di legno, con la scritta:
"Questa è la fine di tutti i partigiani".

Dopo aver maledetto e avere pianto
l'abbiamo tolto dal fino spinato,
sotto la neve, compagni, abbiam giurato
che avrebbero pagato tutto quanto.
(da "Su in collina" di F. Guccini)

DEDICATO A PROBO UN PARTIGIANO
CHE IO HO CONOSCIUTO

martedì 23 aprile 2013

8XMILLE - CHIEDILO A LORO, CHIEDILO A DON CARLO CAFFARRA ARCIVESCOVO METROPOLITA DI BOLOGNA



Da Il sole24ore del 22 aprile 2013:
“Eredità Faac, sequestrati 22 milioni su un conto corrente in Svizzera dell'Arcidiocesi di Bologna” –

Bologna – Le sorti della Faac, il colosso bolognese dei cancelli automatici, sono sempre più intrecciate all'esito del contenzioso giudiziario tra l'Arcidiocesi di Bologna e i parenti di Michelangelo Manini, il patron dell'azienda morto più di un anno fa. Una guerra per l'eredità, con un'altra tappa in Tribunale durante la quale la Curia è stata costretta, oggi, a mettere a disposizione del custode giudiziario i suoi conti correnti, tra i quali un conto in Svizzera sul quale sono depositati 22 milioni di euro e al quale aveva cambiato l'intestazione.
Tutto a fronte di un ordine del giudice Maria Fiammetta Squarzoni, che ha invitato l'Arcidiocesi a rendere conto sia di 35,5 milioni di euro risultati mancanti dal compendio ereditario, sia degli oltre 14 milioni di utili ripartiti nell'assemblea di bilancio del luglio scorso. Tutte le coordinate bancarie sono state messe a disposizione del custode, che adesso ha la piena disponibilità di denaro e titoli. Ma la querelle giudiziaria nata dall'impugnazione da parte dei parenti del testamento con il quale Manini aveva nominato erede universale la Curia rischia di anche di paralizzare l'attività dell'azienda, 1350 dipendenti nel mondo, 250 solo nel quartiere generale di Bologna, un fatturato di 300 milioni di euro. Se n'era accorto già il management nominato dalla Curia, che qualche mese fa aveva chiesto pubblicamente di non stritolare l'azienda in una controversia giudiziaria che vale qualcosa come 1,7 miliardi, l'ammontare dell'eredità, tra somme liquide e patrimoniali.


E ad essere preoccupati, ora, sono anche i sindacati, dato che i dividendi dovevano essere utilizzati per sostenere un piano di investimenti. Piano del quale ancora non c'è traccia. La causa di merito è ancora molto lunga, difficile intravederne la fine nel breve periodo. Con il risultato che anche le relazioni industriali hanno subito una battuta d'arresto. Faac ha stabilimenti in Cina, Russia, Brasile e Malesia. Un'azienda sana che ha saputo attraversare fino ad ora anche la pesante crisi economica. I famigliari di Michelangelo Manini avevano contestato subito la validità del testamento, disconoscendone la grafia e le disposizioni. Ma la Curia, beneficiaria dell'eredità, aveva immediatamente vantato i diritti di proprietà. Una prerogativa che le è stata di fatto contestata dallo stesso custode nominato dal Tribunale. La querelle sui conti correnti non finisce qua. L'Arcidiocesi ha infatti presentato un appello contro il sequestro, al quale i parenti hanno risposto con una memoria depositata dai loro legali. La partita, insomma, prosegue. Prossima tappa il 13 maggio, giorno dell'udienza in cui verrà sentito anche il custode giudiziario.

domenica 21 aprile 2013

A OGNUNO IL SUO GREGGE: L’ULTIMO DEI PECORAI




Ci ricordiamo Bossi che diceva al proprio gregge di avere milioni di persone con le armi pronte a lottare per la Padania?
Ce lo ricordiamo Berlusconi cosa ha detto al proprio gregge a proposito del Parlamento, dei Magistrati di qualsiasi istituzione che percepisce come a lui ostile?
Vediamo in questi giorni  Grillo, l’ultimo della serie, cosa dice al proprio gregge dopo l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica: è un colpo di Stato.
Come ogni pecoraio che si rispetti ognuno di questi manda avanti le proprie pecore.
Grillo ieri ha avuto un comportamento esemplare in questo senso.
Ha gridato al colpo di Stato. Ha invitato  gli italiani ad andare in milioni tutti a Roma che lui sarebbe arrivato per vincere o “morire” (si intende solo politicamente e comunque di morte lenta).
Non ha né vinto, né è politicamente morto: semplicemente non si è presentato all’appello da lui stesso lanciato.
Ci trattano come pecore e noi non capiamo proprio per questo che non sono uomini politici ma solo pecorai (con tutto il rispetto per tutti i pecorai veri).


P.S. – E i dirigenti del Partito Democratico?
Pecorai senza gregge.

sabato 20 aprile 2013

20 APRILE 2013 TUTTI A ROMA: ARMIAMOCI E PARTITE


Arriverò a Roma durante la notte e non potrò essere presente in piazza. Domattina organizzeremo un incontro con la stampa e i simpatizzanti

20 APRILE 2013: DAL VAGONE LETTO AL CAMPER

Dopo tre giorni di votazioni pornografiche per l'elezione del
nuovo Presidente della Repubblica, l'ennesimo salvatore
italico si sta dirigendo sul suo camper verso Roma.
Lo attendono i suoi seguaci assieme ad alcuni esponenti della
sinistra radicale nonché quelli di Forza Nuova.
La pornografia politica dal Parlamento alla piazza.

martedì 16 aprile 2013

IL NUOVO CHE AVANZA

Ieri Renzi Matteo è andato a Parma ad incontrare Berlusconi.
Ieri il 5Stelle Crimi è andato a Porta a Porta ad incontrare Vespa
(Crimi che da vero Cinquestellino sempre in on line, verrà trasmesso su RAIUNO stasera in differita).

Questi sono due dei massimi esponenti della nuova politica:
nel loro mondo senza più destra né sinistra, là fuori gli sono rimasti da frequentare
Berlusconi e Vespa, il nuovo che avanza.

martedì 9 aprile 2013

DA VECCHIO COMUNISTA NAPOLITANO CERCA LE GRANDI INTESE NEGATRICI E DISTRUTTIVE DELLA POLITICA.



È nei momenti topici che per il Partito Comunista Italiano è stato normale cercare l’accordo con il potere costituito qualunque esso fosse.
Era stato normale che nell’agosto 1936 il PCI pubblicasse su Lo Stato operaio un appello “Per la salvezza dell’Italia riconciliazione del popolo italiano!” che inneggiava, con tanto di punti esclamativi, al programma fascista del 1919:
Popolo Italiano!
Fascisti della vecchia guardia!
Noi comunisti facciamo nostro il programma fascista del 1919, che è un programma di pace, di libertà, di difesa degli interessi dei lavoratori….”
Appello che terminava con un:
Diamoci la mano, figli della nazione italiana! Diamoci la mano, fascisti e comunisti, cattolici e socialisti, uomini di tutte le opinioni. Diamoci la mano e marciamo a fianco a fianco….”.
(I brani dell’appello in Vittorio Vidotto, Il Partito Comunista italiano dalle origini al 1946, Ed. Cappelli, Bologna, 1977, pag. 314ss).
Questo appello venne firmato dai maggiori dirigenti del PCI, primo firmatario: Palmiro Togliatti.
Nel 1947 la cosa si ripeté, questa volta la collaborazione da cercare non era più con i fascisti, ma con i democristiani.
Sotto la presidenza del comunista Terracini si riunì l’Assemblea Costituente nella seduta pomeridiana del 25 marzo 1947, per votare l’art. 7 della Costituzione, quello che recepì i Patti Lateranensi del 1929 e li mise nella Costituzione nata dalla Resistenza.
I parlamentari democristiani che non erano certi del voto favorevole dei colleghi comunisti, ignari dei contatti ufficiosi tra Togliatti e De Gasperi in favore dell’art. 7, gridarono contro Togliatti, che rispose:
Sono convinto che in un consesso di prelati romani sarei stato ascoltato sino alla fine con più sopportazione di quanto voi non mi abbiate ascoltato.”
(in Capitini Aldo, Piero Lacaita, stato sovrano e ipoteca clericale. Gli Atti dell’Assemblea Costituente sull’art. 7, Lacaita Ed., 1959, pag. 483).
Dal ché  si può capire che Togliatti avrebbe preferito parlare della Costituzione italiana più con i prelati vaticani che non con i parlamentari italiani.
Andiamo avanti. Le “larghe intese” a cui si riferisce in questi giorni Napolitano negli anni ’70 quando furono teorizzate venivano chiamate “compromesso storico”, cioè compromesso, collaborazione tra DC e PCI “per la salvezza nazionale”.
Compromesso storico per la salvezza nazionale che trovò il suo culmine - praticamente il suo inizio e la sua fine - nei giorni dell’uccisione dei cinque uomini - Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Raffaele Jozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi -  della scorta di Aldo Moro e del suo rapimento e poi uccisione, ad opera  delle Brigate Rosse il 16 marzo 1978.
Strage di via Fani e procedura d’urgenza per la fiducia al governo monocolore DC presieduto da Giulio Andreotti, andarono quasi in parallelo. Andreotti ottenne il voto anche dei comunisti. Ebbe così la fiducia della quasi totalità del Parlamento.
Praticamente un Parlamento senza opposizione, un parlamento del 100%.
Riassumendo. 
Nel 1936 quell’ “appello ai fratelli in camicia nera”, fu un vero e proprio disastro politico, perché aveva dato una dignità un riconoscimento al fascismo e nel contempo svuotato di ogni significato il sacrificio fatto fino ad allora dagli antifascisti che avevano in molti, perso la vita od erano imprigionati. Fascismo che di lì a poco avrebbe prodotto le leggi razziali e avrebbe partecipato alla II guerra mondiale con un esito disastroso.
Negli anni ’70 il compromesso storico ebbe pure lui ricadute negatrici e distruttive della politica: andò a sfociare in un monocolore Andreotti e diede la dignità di oppositori agli assassini delle Brigate Rosse.
I partiti si convinsero che potevano fare tutto ed il contrario di tutto: non c’era più ideologia, non c’era più idea di fondo, progetti per il futuro – vero o falso che fosse - ma solo ed unicamente ginnastica del potere per il proprio interesse.
Gli anni del compromesso storico lungi dall’avere riempito di nuove possibilità la democrazia fondata sulla nostra Costituzione, hanno preparato il terreno “del tutti sono uguali”, “non c’è più né destra, né sinistra”, “la meritocrazia è l’unico metro con il quale si misura la persona (chi misura chi?)”, “il PIL è l’unico metro con il quale si misura un Paese (chi misura chi?)”, “è la legge di mercato”, ed altre amenità come queste.
Siamo giunti così ai nostri giorni al grido di “Viva la democrazia, abbasso le elezioni”.
Abbiamo avuto nell’ultimo anno un Governo che ha fatto decreti “Salva Italia” e chiesto ed ottenuto fiducie dalla quasi totalità del Parlamento.
Un governo però il cui Presidente ed i cui Ministri si sono autoproclamati tecnici e non sono stati eletti da nessuno. Governo cooptato dal Presidente della Repubblica Napolitano nella persona del Presidente del Consiglio che a sua volta ha cooptato i propri Ministri.
Di “larghe intese” in “larghe intese” le intese sono diventate talmente larghe che comprendono oramai tutto: si può essere capo del governo ed ottenere la fiducia del Parlamento indifferentemente anche se non eletti (Governo Monti). Si può diventare capo del governo in nome del puro liberalismo privato principalmente perché in possesso  della concessione delle frequenze TV pubbliche, di tutti noi (Governi Berlusconi).
Domani si potrà diventare capo del governo non essendo né capo del governo, né eletto in Parlamento, ma semplicemente perché titolare unico ed assoluto di un sito WEB (vedi non-governo Grillo).
Le leadership plebiscitarie, di Berlusconi, Monti e Grillo (che da buon ultimo vuole il 100% dei consensi e si vanta che nel M5S estremisti di destra e di sinistra si abbracciano) sono i frutti delle larghe intese.
Certo Presidente «Ci volle coraggio in quella scelta inedita di larga intesa».
Ci volle un bel coraggio.

lunedì 1 aprile 2013

ENZO JANNACCI, CIAO


È morto anche Enzo Jannacci.
È iniziata la santificazione del “non faceva distinzioni tra sciur e puaret, tra borghesi e operai”.
Ecco il testo di una sua canzone contenuta forse nel suo più significativo LP “Quelli che…..” del marzo 1975:

Il monumento

Il nemico non è, no non è
oltre la tua frontiera
il nemico non è, no non è
oltre la tua trincea
il nemico è qui tra noi
mangia come noi, parla come noi
dorme come noi, pensa come noi
ma è diverso da noi.
Il nemico è chi sfrutta il lavoro e la vita del suo fratello
il nemico è chi ruba il pane e la fatica del suo compagno
il nemico è colui che vuole il monumento per le vittime da lui volute
e ruba il pane per fare altri cannoni
e non fa le scuole e non fa gli ospedali
per pagare i generali
per un’altra guerra.

(L'album è presente nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre secondo Rolling Stone Italia alla posizione numero 97. Wikipedia).