venerdì 17 ottobre 2008

Stato confusionale e riti wodoo

Il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'Economia e Finanze in questi giorni stanno garantendo un po' a tutti che lo Stato veglia su di noi.
Lo Stato sta assumendo i contorni di un messia, di un salvatore.
Lo stato dello Stato tutti lo sappiamo è il seguente: ha un debito pubblico che grava su ogni singolo cittadino, compresi neonati e ultracenteneri per circa 25.000euro a testa. Significa che ogni cittadino italiano in media ha prestato allo Stato, è creditore dello Stato per quella cifra.
Nonostante ciò il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'Economia e Finanze, ci hanno assicurato che lo Stato garantisce i nostri depositi bancari fino alla somma di euro 103.000.-
Sarebbe come dire che il nostro debitore garantisce i nostri crediti verso le banche.
Non solo ma il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'Economia e Finanze ci hanno assicurato che garantiranno, per esempio, le obbligazioni emesse dalle banche, per un importo di: "quanto sarà necessario".
E' evidente che allo stato delle cose, queste garazie sono come altrettanti riti wodoo, con preghiere che salgono al cielo chiedendo che ci salvi con "quanto sarà necessario".

giovedì 16 ottobre 2008

Meno Stato più mercato: l’economia delle cocottes

L'attuale Capo del Governo ed il suo Ministro delle Finanze avevano uno slogan sopra tutti gli altri ed era: “Meno Stato e più mercato”.
Oggi il Capo del Governo ha detto che l’aiuto di Stato alle imprese è un imperativo categorico.
L’economia quando va bene si privatizza e quando privatizzata ha perseguito il profitto della preda, può essere riconsegnata al pubblico, allo Stato, a noi tutti.
E’ un vero e proprio comunismo capitalista: i profitti si privatizzano e le perdite si mettono in comune.
L’economia degli Stati Uniti, il faro a cui il nostro Capo del Governo guarda, ha statalizzato più banche di quello che aveva fatto l’Italia nei decenni del centrosinistra e del compromesso storico.
In fondo al tunnel di questo capitalismo, ci sono i portafogli dei cittadini che si aprono per versare il loro obolo in favore di banche, industrie automobilistiche, assicurazioni. Tutti enti che invece di creare ricchezza hanno creato povertà, ma non la loro povertà, ma la nostra, quella di tutti noi. Così i nostri denari versati allo Stato attraverso le varie tasse, invece di andare a mantenere e possibilmente migliorare scuole, ospedali, strade, ricerca, etc. vanno nelle tasche di quei banchieri, assicuratori, industriali che "sono falliti".
E’ una situazione che Max Weber nella sua opera “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” ha così decritto:
“L’avidità di lucro, la ricerca del guadagno, del denaro, di un gudagno pecuniario quanto più alto possibile, in sé e per sé non ha nulla a che fare con il capitalismo…Questa tendenza si è trovata e si trova nei camerieri, medici, cocchieri, artisti, cocottes, funzionari corruttibili, soldati, banditi, crociati, in coloro che frequentano le bische”. (ediz. Rizzoli, Milano, 1994, pag. 37)

martedì 14 ottobre 2008

Riforma Gelmini.Rien ne va plus: La scuola italiana per la Chiesa è morta

Abbiamo visto in un precedente blog che la nascita della scuola pubblica dell'obbligo in Italia era stata salutata da Pio IX nel 1870, in una lettera al re, con queste parole: "Vi unisco poi la presente per pregarla fare tutto quello che può affine di allontanare un altro flagello, e cioè una legge progettata per quanto si dice relativa all’istruzione obbligatoria.
Questa legge parmi ordinata ad abbattere totalmente le Scuole Cattoliche, e sopra tutto i Seminari. Oh quanto è fiera la guerra che si fa alla Religione di Gesù Cristo!"(Lettera di PIO IX a Vittorio Emanuele II contro l’istruzione obbligatoria, in Cento anni d’Italia 1870-1970, Atlante Storico, Quarta dispensa, Pio IX, di F. Serantini.).
In assoluta continuità didattica con Pio IX, che travalica i secoli, l'attuale Cardinale di Bologna Mons. Caffarra, ad un Corso di aggiornamento per Insegnanti di Religione dal titolo "Libertà nella modernità: una promessa mancata" concludeva con questa constatazione: "Nella crisi della scuola si rivela oggi più che mai questa situazione. Una scuola che, in quanto sistema formativo, non trasmette più alcuna interpretazione sensata della realtà, è già morta. E può trasmettere solo morte. La soluzione non è di caricarla di altri compiti (l’educazione sessuale, alla salute, civica e altro ancora), come se potessero essere svolti dalla scuola.
La vostra presenza è ormai l’unica offerta di una interpretazione sensata e ragionevole della realtà."(Corso di aggiornamento Insegnanti di Religione
Scuole Medie e Superiori, 2 ottobre 1997-testo come in sito internet www.caffarra.it, oggi 14.10.2008, ore 11,00).
Per Mons. Caffarra l'unica presenza atta ad interpretare in modo sensato e ragionevole il mondo è quella dell'insegnante di religione: dell'insegnante che lui stesso ha nominato e mandato.
Il messaggio è chiaro. Il prossimo passaggio, la prossima foglia del carciofo da sfogliare, sarà forse la potestà da parte dei vescovi di nominare, oltre all'insegnante di religione, anche dell'insegnante unico?
Meglio poi se le due figure si unificheranno nel mitico Maestro Unico tanto più ricercato perchè è la continuità naturale dentro la scuola, della mamma?
Il lavoro del Ministro Gelmini è appena iniziato!

venerdì 10 ottobre 2008

1 – Riforma Gelmini: la scuola elementare

Nella prima parte della riforma che riguarda le elementari, che entrerà a pieno regime dall’anno scolastico 2009-2010 i punti qualificanti annunciati dal Ministro Gelmini sono:
- grembiule per i bambini;
- voto in condotta;
- abolizione dell’insegnante di matematica;
- abolizione dell’insegnante di italiano;
- abolizione dell’insegnate di inglese;
- mantenimento dell’insegnante di religione;
- introduzione di un insegnante unico per tutte le materie esclusa religione cattolica.
Ad una scuola elementare che era riuscita, nonostante le ripetute e continue riforme ad avere fin dai sei anni un insegnate di materie letterarie, uno di materie scientifiche, ed uno di inglese, viene tolto tutto questo.
In una società quale è la nostra in cui il bene primario dovrebbe essere il miglioramento delle possibilità di conoscenza dei bambini e dei giovani si smantella tutto ciò che andava in quella direzione.
Si utilizzano slogan “rivoluzionari” come il “Non si deve difendere l’esistente”, o “Il 97 per cento delle risorse per la scuola è impiegato per gli stipendi degli insegnanti” etc.
L’Italia è stata spesso piena di rivoluzionari che governavano: l’ultimo più famoso è stato Mussolini che ha rivoluzionato così tanto l’Italia da azzerarla con una guerra mondiale.
“Non si deve difendere l’esistente”: con questo accattivante slogan il Ministro Gelmini vuole cambiare l’esistente, questo è indubbio, ma non per andare avanti, ma per tornare indietro.
Quando il Ministro parla di grembiuli è per tornare indietro a quando le nostre nonne e nonni allora bambini andavano a scuola con il grembiule ed il fiocco blu o rosa.
Quando il Ministro parla di voto in condotta è per tornare indietro, quando i bambini erano più ubbidienti, così si dice, proprio perché avevano lo spauracchio del voto in condotta.
Evocare il buon tempo antico significa manipolare la nostalgia del tempo passato, che è comunque “sempre migliore del presente”.
Sollecitare la bontà del buon tempo andato è fare – se ne sia coscienti o no - una vera a propria operazione magica e, contro la magia, non si può nulla.
La storia di quei grembiuli e di quei voti in condotta ci racconta però che l’età felice dell’oro non è mai esistita.
Quando i bambini andavano a scuola con il grembiulino, attorno a quel grembiulino c’era una società contadina dura, gerarchica, nella quale il bambino era una risorsa, una proprietà dei genitori da utilizzare nei lavori agricoli, fin dalla tenera età.
Quando c’era il voto in condotta e la condotta non corrispondeva alle direttive del “conducente”, il bambino veniva tolto dalla classe e messo in un’altra classe che si chiamava “differenziale”, si diventava un alunno di serie B.
E questo lo decideva la buona, serafica, materna Maestra Unica: la continuazione della mamma nella scuola.
Questo era il mondo del Maestro Unico per la stragrande maggioranza dei bambini di quel tempo, il mondo dei grembiulini e del voto in condotta.

2 – Riforma Gelmini: “Il 97 per cento delle risorse per la scuola è impiegato per gli stipendi degli insegnanti”

“Il 97 per cento delle risorse per la scuola è impiegato per gli stipendi degli insegnanti” così ci dice il Ministro Gelmini.
Certo il Ministro Gelmini è diventata ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, con la missione di ridurre ulteriormente le risorse a disposizione del ministero che presiede.
Così dato che le risorse per la Ricerca non si possono ridurre più di tanto pena la loro totale sparizione, quelle per l’Università altrettanto, è restato solo nell’Istruzione – non più pubblica - un ultimo significativo margine di riduzione.
Anche i governi precedenti avevano ridotto le risorse dell’Istruzione in nome di una non meglio identificata “autonomia scolastica”. Autonomia scolastica il cui unico prodotto significativo è stato l’intensificarsi di pesche e feste benefiche per raccogliere dai genitori degli alunni, fondi per la scuola per materiale di cancelleria (p.e. possibilità di fare fotocopie) o didattico (p. e. cartoncini per lavori collettivi, materiale per psicomotricità etc).
Certo così di taglio in taglio non è rimasto che da tagliare alla voce “stipendi degli insegnanti”.
Come si fa ha tagliare però la voce “stipendi agli insegnati” dicendo in contemporanea che sono bassi, tra i più bassi d’Europa?
Ma è semplice non riducendo i loro stipendi, ma gli insegnati tout court.
Quindi l’affermazione che il 97% delle risorse della scuola è impiegata per pagare gli insegnanti, non è altro che la fotografia delle scelte dei vari governi che hanno ridotto la spesa dell’istruzione in ogni dove, tranne che nel numero degli insegnanti.

3 – Riforma Gelmini: Gli insegnanti sono troppi e lavorano poco quindi il Maestro Unico.

Gli insegnanti sono troppi, ci spiega il Ministro, perché gli insegnanti di italiano, matematica ed inglese sono stati introdotti non per una esigenza pedagogica ma perché a seguito della caduta della natalità si è avuto un esubero di maestri elementari e quindi si sono utilizzati per un insegnamento meno generico delle materie anche alle elementari.
Ci si spiega che tutto questo è stato negativo per la qualità dell’insegnamento, scegliere cioè di ulteriormente qualificarlo attraverso insegnanti specifiche, per specifiche materie, insegnati di sostegno a bambini in difficoltà fisiche o psichiche, non essendoci più fortunatamente le classi differenziali.
Una volta che una contingenza storica – diminuzione degli alunni - era stata utilizzata per migliorare la qualità della scuola, viene oggi demonizzata e poi smantellata.
Viene smantellata proprio nel momento di crescita degli alunni, sia per una maggiore natalità italiana che per la natalità dovuta alla venuta in Italia di molti stranieri.
Viene smantellata proprio nel momento nel quale nelle elementari vi è la presenza sempre maggiore di bambini con forti difficoltà di apprendere l’italiano in quanto cinesi, marocchini, pakistani, romeni, bulgari, bambini rom etc.. Nel momento in cui è maggiore la necessità di maestri specifici, vista la pluralità di composizioni delle classi.
Il grembiule e la condotta servono a fare parlare del bel tempo passato, del nulla, quando invece la realtà ha bisogno di insegnanti plurimi perché plurime sono le esigenze di classi che sono formate da tutto ciò di cui è formata, fuori dalla scuola, la società.
Ma tant’è bisogna risparmiare sulla scuola e così il Ministro Gelmini, indipendentemente dalla realtà sociale, procede.
Ma anche qui c’è l’eccezione: l’insegnante della religione cattolica. Si può risparmiare sull’insegnante di inglese, abolendola; di italiano, abolendola; di matematica, abolendola; ed unificare queste tre in una unica, ma non sull’insegnante della religione cattolica.
Ma come si fa a fare passare tutto questo, che è una mostruosità tanto più grande tanto più la si esamina?

4 – Riforma Gelmini: dividere gli insegnati dal resto dei cittadini

Fare una cattiva pubblicità agli insegnanti, descrivendoli come privilegiati e nullafacenti.
Vi ricordate due anni fa? Allora erano i taxisti quelli che rovinavano la nazione. Ed allora articoli sui taxisti, inchieste. Ministri che dedicavano il loro tempo a riordinare questa categoria sulla quale gravava la “salvezza della nazione”.
Ora sono gli insegnanti ed il loro lavoro a venire colpiti con argomentazioni del tipo: “I maestri hanno una media di soli 11 alunni per classe”.
Esaminiamo questa affermazione dei fautori del Maestro Unico.
Si può osservare che se ci fossero le classi di 11 alunni si dovrebbe esserne felici. Proviamo ad immaginare la qualità dell’insegnamento con classi di 11 alunni: straordinaria.
Ma non è così. Le classi elementari sono di circa 25 alunni nelle grandi città, con una media nazionale, per difetto, di circa 19 alunni per classe. Le varie insegnanti di inglese, italiano e matematica, insegnano di volta in volta a classi con quel numero di alunni.
Con la riforma del Ministro dell’Istruzione – non più pubblica – le classi potranno essere formate, con un numero di alunni fino a 30. Questo perché la riforma prevede anche accorpamenti di scuole, abolizione di sedi scolastiche, tutto per risparmiare con la scuola.
Questa è la realtà. Ma anche qui come sempre c’è una unica eccezione: l’insegnante della religione cattolica che - essendo la società italiana non più composta dall’unica religione cattolica, come ai tempi del Maestro Unico - ha un numero di alunni che può essere irrisorio.
In teoria anche se vi fosse un solo bambino in una classe, quell’unico bambino al quale è stato detto che è cattolico, avrebbe l’insegnante di religione.

5 – Riforma Gelmini: dividere i maestri in “buoni e cattivi”

Dopo avere diviso gli insegnanti dal resto dei cittadini, si prosegue dividendo gli insegnanti in buoni e cattivi.
Certo ci possono essere insegnati più o meno bravi e motivati, ma è certo che tutti per diventare insegnanti hanno dovuto seguire un iter ben preciso.
Per poter insegnare alle elementari – oggi scuola primaria - bisogna essere laureati. Fare concorsi, fare anni di supplenze, corsi di aggiornamento per acquisire punteggio. Nelle graduatorie dalle quali si attingono gli insegnanti occorrenti accedono solo quelli che hanno tutti i titoli legali per poter svolgere quella professione.
Non si passa davanti ad una scuola e vi si entra e ci si mette ad insegnare.
Ma anche qui c’è una eccezione: il solito insegnante della religione cattolica che può accedere alla scuola perché indicato idoneo da un privato cittadino italiano che nella gerarchia della propria religione è chiamato vescovo.
Quando poi si diventava docenti in una scuola organizzata come quella di prima della Riforma Gelmini, gli insegnanti delle varie materie si confrontavano gli uni con gli altri, si davano consigli, dovevano rendere conto del loro operato ai loro colleghi.
Ma anche qui c’era una eccezione: il solito insegnante della religione cattolica che non doveva né deve rendere conto a nessuno della sua didattica né dei contenuti del suo insegnamento tranne che a quel privato cittadino che è il vescovo che l’ha nominato insegnante di religione.
Ci saranno quindi certo maestri meno bravi di altri, ma questo è fino ad un certo punto fisiologico: tutto ciò che è umano non è assoluto si tratta solo di fare diminuire la percentuale di maestri “cattivi”.
Ma anche qui c’è l’eccezione: il maestro della religione cattolica, ha a che fare con il divino, e quindi per definizione è certamente “buono”.

6 – Riforma Gelmini: il Ministro passa dal Maestro Unico al Maestro prevalente

I Vescovi italiani che sanno bene che insistere dogmaticamente sul Maestro Unico può mettere in discussione la stessa esistenza dell’insegnante di religione, si sono pronunciati contro. Sia pure con una azione di basso profilo, tipico atteggiamento di chi non sa chi vincerà la partita, ma che lui la vincerà comunque, i vescovi italiani con una nota della loro agenzia di stampa Sir, il 3 settembre 2008 “criticano il ritorno al maestro unico nella primaria dopo che la scuola italiana negli ultimi anni, con buoni risultati, aveva puntato sull’equipe di maestri. Inoltre il Sir sottolinea come il provvedimento sia stato preso senza che fosse aperto nessun tipo di dibattito in merito”.
E’ praticamente la posizione della CGIL scuola, il sindacato più impegnato contro la riforma Gelmini.
No non è una rivoluzione, è una posizione non a favore dell’esistente, ma per esistere. I Vescovi italiani sanno perfettamente che se passa la riforma Gelmini, comunque l’insegnante di religione non verrebbe tolto.
Se invece le cose rimanessero così come ora, ugualmente l’insegnante di religione non verrebbe tolto. Ripetendo praticamente le tesi delle CGIL, i vescovi italiani potranno dire, finite le contese sulla riforma della scuola, noi appoggiavamo l’equipe di maestri.
E così i vescovi, manifestando sia pure sommessamente l’appoggio alla scuola con il maestro plurimo - potrebbero fare altrimenti loro che nominano privatamente un insegnante della scuola pubblica? – lasciano che i loro fedeli cattolici, attraverso associazioni di genitori cattolici, mastri cattolici, etc.. appoggino la riforma del Ministro Gelmini, per il Maestro Unico.
Il Ministro Gelmini coglie il messaggio ed inizia a parlare non più di Maestro Unico ma di Maestro prevalente, lasciando così intendere che ci sarà anche sempre e comunque il maestro di religione cattolica.
I vescovi si sono tranquillizzati completamente e non hanno più manifestato alcunché.

7 – Riforma Gelmini: il peccato originale della scuola pubblica italiana

La scuola pubblica italiana, quella organizzata dallo Stato, quella dell’obbligo, quella che ha per missione il porre insieme tutti i suoi piccoli cittadini per metterli in una condizione paritaria di partenza, come dice la nostra Costituzione, ha un peccato originale che la rende comunque fastidiosa alla Chiesa. Ed il peccato originale è quello di esistere, quindi irreversibile.
La scuola pubblica italiana per la Chiesa non dovrebbe proprio esistere.
Nel 1870 il giovane Regno d’Italia che non aveva per capitale Roma, ancora per pochi mesi sotto il dominio di Pio IX, progettava di istituire l’istruzione obbligatoria per i bambini del Regno d’Italia. Pio IX letteralmente sconvolto da quella possibilità – la chiamava flagello - scriveva all’inizio del 1870, al re Vittorio Emanuele II:
“Maestà, non ho dato corso alla prima lettera […]. Vi unisco poi la presente per pregarla fare tutto quello che può affine di allontanare un altro flagello, e cioè una legge progettata per quanto si dice relativa all’istruzione obbligatoria.
Questa legge parmi ordinata ad abbattere totalmente le Scuole Cattoliche, e sopra tutto i Seminari. Oh quanto è fiera la guerra che si fa alla Religione di Gesù Cristo!
Spero dunque che la V.M. farà sì che in questa parte almeno, la Chiesa sia risparmiata. Faccia quello che può, maestà, e vedrà che Iddio avrà pietà di Lei. La abbraccio nel Signor Pio IX.” (Lettera di PIO IX a Vittorio Emanuele II contro l’istruzione obbligatoria, in Cento anni d’Italia 1870-1970, Atlante Storico, Quarta dispensa, Pio IX, di F. Serantini.).

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