venerdì 27 giugno 2008

(4) Emergenza rom 2008: i sommersi e gli emersi

Ora abbiamo più elementi per capire che non si scherza con il censimento. Quando lo si fa, lo si fa per tutti.
Se si fanno censimenti parziali della popolazione – una vera contraddizione in termini – è per includere od escludere qualche gruppo umano, di solito il più debole di quel determinato momento, od il più “antipatico”; per limitarne i diritti politici o civili.
Si sono mobilitati media, politici, impegnati in generale per difenderci dall’ “emergenza rom”. Le nuove vergini della democrazia ci prospettano sempre e continuamente nuove emergenze, così come molti dei convertiti in età adulta, vedono il peccato dappertutto non vedendolo più in sé.
Così noi sotto un diluvio di emergenze, possiamo venire salvati solo da loro, gli emersi nei vari gradi delle istituzioni politiche o religiose.
Se tutto l’impegno, tempo, risorse, intelligenze gli emersi lo avessero messo, ad esempio, per rendere finalmente effettivo l’accesso alla pubblica istruzione dei bambini e bambine e delle ragazze e ragazzi rom – che del resto come per ogni altro bambino italiano è obbligatorio per legge – il problema non sussisterebbe o sarebbe in via di soluzione.
Sarebbe così evidenziata la squalità della proposta di rendere riconoscibili i bambini rom attraverso le loro impronte digitali. A scuola le o gli insegnanti conoscono e riconoscono i loro alunni dal nome, dal sorriso, dal modo di parlare, dai capelli, dalla faccia, dalle loro paure e dalle loro allegrie, da mille altre manifestazioni, ma non certo dalle loro impronte digitali.
Cosa direbbe un emerso dal Parlamento o dal un Consiglio Comunale, se il proprio figlio venisse a casa con tutte e dieci le dita macchiate di inchiostro nero e dicesse che l’insegnante non credendo che si chiamasse Paolo Servelloni Vien dal Mare, lo ha verificato prendendogli le impronte digitali per confrontarle con quelle in possesso della scuola che sono, quelle sì, di Paolo Servelloni Vien dal Mare?


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