Immancabile in ogni
pensiero totalitario che si rispetti c’è il momento mistico o esoterico: è
arrivato anche per beppegrillo.it.
Si reinterpreta la
storia alla luce di sé stessi e la si piega a propria immagine a propria
somiglianza.
Ha scritto sul suo
blog beppegrillo.it:
“L'importanza di
chiamarsi Francesco. Nessun papa
ha mai avuto il coraggio, perché di vero coraggio si tratta, di chiamarsi
Francesco. Il santo che la Chiesa voleva bruciare come eretico, il poverello di
Dio che si scagliò con il solo esempio contro la lussuria dei cardinali del suo
tempo.”
Esempio di come due
semplici righe moltiplicate per tutti quelli che le leggono e non hanno letto
nulla di Francesco d’Assisi, possano diventare la verità: la ripetitività è
verità!
Francesco sarebbe “Il
santo che la Chiesa voleva bruciare come eretico”.
Francesco d’Assisi ha
lasciato pochi scritti, ma quei pochi che ha lasciato hanno un punto chiaro e
fermo: l’obbedienza al Papa ed alla Chiesa.
Al tempo di Francesco
si trattava di obbedire ad una Chiesa potente ed a Papi del calibro di
Innocenzo III.
Tra i suoi scritti più
importanti Francesco ha lasciato le Regole del suo ordine che hanno come primo
punto l’obbedienza al Papa ed alla Chiesa:
la Regola del 1221 che
è generalmente chiamata la “Prima Regola” (sebbene indubbiamente vi debba
essere stata una prima regola che Innocenzo III accolse da Francesco d’Assisi
nel 1209 ed approvò oralmente, oggi perduta) non bollata dal Papa ma che
approvò e che inizia così:
“Nel nome del Padre del Figlio e dello
Spirito Santo. Amen.
Questa è la norma di
vita, che frate Francesco supplicò gli venisse concessa e confermata dal Papa
Innocenzo.
Ed egli la concesse e
la confermò per sé e per i suoi frati presenti e futuri. Frate Francesco e
chiunque sarà capo di questo ordine promette obbedienza e reverenza al Papa
Innocenzo, e promette di obbedire ai suoi successori.”
la Regola del 1223,
detta regola bollata, cioè approvata da Onorio III con la bolla Solet Annuare
del 29 nov. 1223, inizia così:
“La regola e la vita
dei frati minori è questa: osservare cioè il santo Vangelo del nostro Signore
Gesù Cristo, vivendo l’obbedienza, senza nulla di proprio, e in castità. Frate
Francesco promette obbedienza e riverenza al signor Papa Onorio, e ai suoi
successori canonicamente eletti, e alla Chiesa romana. E gli altri frati sono
tenuti a obbedire a frate Francesco
e ai suoi successori.”
Per capire chi fosse
Innocenzo III, la Chiesa che
presiedeva ed a chi ha ubbidito Francesco, è utile leggere un brano della lettera di Innocenzo III “Sicut universitatis conditor” del 30
ottobre 1198, che contiene la celebre metafora del sole e della luna:
“Come Dio, creatore
dell’universo, ha creato due grandi luci nel firmamento del cielo, la più
grande per presiedere al giorno e la più piccola per presiedere alla notte,
così egli ha stabilito nel firmamento della Chiesa universale, espressa dal
nome di cielo, due grandi dignità: la maggiore a presiedere – per così dire –
ai giorni cioè alle anime, e la minore a presiedere alle notti cioè ai
corpi. Esse sono l’autorità
pontificia e il potere regio. Così, come la luna riceve la sua luce dal sole e
per tale ragione è inferiore a lui per quantità e qualità, dimensione ed
effetti, similmente il potere regio deriva dall’autorità papale lo splendore
della propria dignità e quanto più è con essa a contatto, di tanto maggior luce
si adorna, e quanto più ne è distante tanto meno acquista in splendore.”(Franco
Gaeta, Pasquale Villani, Documenti e
Testimonianze, Principato Ed. Milano, 1972, pag. 100, 101).
Per capire quanto
fosse estraneo Francesco ad ogni richiamo ereticale e fosse percepito come
tale, basta vedere cosa accadde nel 1209 a chi la Chiesa considerava eretici.
Nel 1209 Innocenzo III
indice la crociata contro i catari.
Il 22 luglio 1209
tutta la popolazione di Béziers, circa quarantamila persone, è massacrata nella presa della città da
parte dei crociati che proseguono la crociata contro gli albigesi prendendo
anche Carcassonne, Albi, Pamiers e Mirepoix.
Nel 1209 Francesco e i
suoi pochi primi fraticelli si recano e sono ricevuti da Innocenzo III per
farsi approvare la regola.
Tutti i 17 anni di
pontificato di Innocenzo III saranno poi improntati alla lotta contro gli
eretici:
“energico,
autoritario, esponente di un partito d’azione formatosi a Roma sotto il debole
Celestino III suo predecessore, egli si profonde nella lotta. Vigila su tutto e
su tutti. Vorrebbe, come Argo e Briareo, aver cento occhi e cento braccia.
Adopera a volta a
volta i modi blandi ed i modi energici, è seduttore e violento.
Lavora a tener nel
pugno, come maneggevole strumento, il clero […] La sua penna corre instancabile
sulla pergamena per ammonire, esortare, minacciare, consigliare.” (G. Volpe,
religiosi e sette ereticali, Ed. Sansoni, Firenze, 1972, pag. 82).
Francesco d’Assisi non
si è mai interessato delle persecuzioni contro gli eretici, né ha mai scritto
nulla in loro difesa od in loro accusa: semplicemente non esistevano per lui
tutto concentrato sulla sua povertà.
Eppure Francesco
conosceva la realtà catara:
“Venuto su in una
regione piena di Catari, anzi in una città che al principio del XIII sec.
chiamò al reggimento comunale un eretico, l’uomo d’Assisi, spogliatosi pur esso dei lucri mercantili a
benefizio dei poveri, ha, come Pietro Valdo, per ideali direttivi la povertà,
la vita apostolica, il risveglio
delle anime con la predicazione. Ai Poveri di Lione e Poveri Lombardi
corrispondevano i Poverelli di S. Francesco. Non diversamente da Valdesi e
dalle altre sette, la più antica comunione francescana ha e vuole intimità di
spirito fra uomini e donne. Non diversamente dai Catari e dagli Umiliati, vuole
anche esso lavorare manualmente” (G. Volpe, religiosi e sette ereticali, Ed.
Sansoni, Firenze, 1972, pag. 59).
Gli eretici potevano
venire bruciati e uccisi sì per le dottrine non ortodosse che professavano o per
le critiche che facevano alla Chiesa. Ma la ragione prima e ultima era sempre
una: perché non obbedivano alla Chiesa ed al Papa. Questa in definitiva era la
sola ed unica ragione per la quale erano out.
Gli obbedienti al Papa
ed alla Chiesa hanno potuto fare poi tutto quello che volevano dentro la
Chiesa: fare o i super ricchi o i super poveri.
Francesco ha scelto di
fare il povero. Tra lui, Valdo o un qualsiasi cataro non c’era molta differenza
né di aspetto, né di condizione di vita: l’unica basilare differenza era che
Francesco obbediva alla Chiesa e che Valdo o un cataro non le obbedivano.
La sola disobbedienza
che praticò Francesco fu quella contro suo padre. Nella primavera del 1207 quando
Francesco si ribellò a suo padre Pietro di Bernardone, si spogliò di tutto
anche dei vestiti, rimase nudo e si mie sotto la protezione del vescovo di
Assisi Guido II massima autorità della Chiesa in quella città.
Da allora non smise
mai più di obbedire alla Chiesa e la Chiesa non fu così miope da contrastare un
suo fedele obbediente che poteva essere contrapposto ai movimenti ereticali
dell’epoca. Francesco e la sua povertà divennero da allora un deposito prezioso
dal quale la Chiesa poté e può attingere e utilizzare come e quando vuole.
Per quanto riguarda l’affermazione che “il poverello di
Dio si scagliò con il solo esempio contro la lussuria dei cardinali del suo
tempo” si può solo rilevare che nei suoi Ammonimenti capo XXVI, Francesco scrisse di non giudicare i chierici, il
corpo sacerdotale:
“Beato il servo di Dio che ha fiducia nei chierici, i quali vivono
rettamente secondo le norme della santa Chiesa romana, e guai a quelli che li
disprezzano: infatti anche se sono peccatori, nessuno deve giudicarli, perché
solo il Signore stesso riserva a sé il diritto di giudicarli. Infatti, di
quanto è più grande di tutti il loro ministero, che esercitano intorno al
santissimo corpo e al santissimo sangue del nostro Signore Gesù Cristo, che
essi ricevono e solo amministrato agli altri, di tanto più grande è il peccato
di coloro che peccano contro di essi, che se peccassero contro tutti gli altri
uomini di questo mondo.”
Francesco era pienamente un uomo del medioevo. Aborriva i libri, i suoi
frati non li potevano possedere. Era obbediente e aveva una unica
preoccupazione essere povero ed ultimo. E’ stata questa la sua grandezza: non
predicava la povertà, ma la viveva.
La sua povertà era esistenziale non dottrinale. Non faceva sottoscrivere
a nessuno regole da seguire: la sua regola era il Vangelo e l’essere
povero.
Nell’orizzonte di Francesco quindi non potevano neppure esistere le
opere sociali, poiché uno povero veramente non ha alcuna risorsa per fare del
bene agli altri.
Lui rispetto alle opere sociali era quello che doveva essere aiutato non
quello che aiutava.
Per chi è interessato ecco una piccola raccolta bibliografica di testi
riguardanti Francesco d’Assisi:
Fra Tommaso da Celano, Vita
di S. Francesco d’Assisi e Trattato dei Miracoli;
Tutti gli scritti di San Francesco; I Fioretti di San Francesco;
Frate Leone e compagni, S. Francesco d’Assisi; I fiori dei tre compagni;
Beato Egidio di Assisi, I detti; Frate Leone, Lo specchio di perfezione;
Le sacre nozze del beato Francesco con Madonna Povertà; La leggenda dei
tre compagni; Paul Sabatier, Vita
di San Francesco; J. Joergensen, San Francesco d’Assisi; L. Savatorelli, Vita
di San Francesco d’Assisi, P. Dallari, Il dramma di Frate Elia; G. E.
Lovrovich, Jacopa dei Settesoli.
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