domenica 8 febbraio 2009

Andreotti sul caso Englaro: "Il governo non deve impicciarsi

Si riporta per intero ad uso dei cattolici e dei nostri governanti l'intervista rilasciata dal Senatore a vita Sig. Giulio Andreotti a La Stampa:
"Senatore Giulio Andreotti, ha fatto bene Napolitano a non firmare il decreto «salva-Eluana»?
«Sì, credo che la contrarietà del capo dello Stato sia pienamente motivata. Il problema che si può risolvere d’autorità come voleva fare il governo. Può darsi, se lo si riterrà necessario, che si possa approvare una legge in Parlamento sul fine vita e il testamento biologico. Oggi, però, secondo le regole giuridiche che sono in vigore, non c’è nessun diritto né dovere di intervenire d’urgenza da parte del governo. Perciò condivido appieno la condotta del presidente Napolitano e non mi riconosco nelle critiche che ingiustamente gli vengono mosse».
Ma la vita non è sempre sacra?
«Secondo me un governante non può impicciarsi in una vicenda totalmente privata. Qui, nel dettaglio, il governo sul delicato tema del fine vita ha inizialmente imboccato la strada sbagliata. Senza valide motivazioni, ha optato per un decreto legge nonostante il parere negativo espresso preventivamente dal Presidente della Repubblica. Poi dopo che il capo dello Stato ha ufficializzato il suo giusto no, il governo ha ripiegato su un disegno di legge da portare in tempi rapidi all’esame del Senato. Berlusconi doveva regolarsi diversamente. In questo tipo di situazioni, se eventualmente un’interferenza può esserci, può arrivare soltanto dai genitori o dai familiari. Non è una questione politica e poi, piaccia o non piaccia, è difficile ignorare la drammatica oggettività della condizione di Eluana Englaro».
Cioè?
«Non esiste una regola obiettiva e ogni caso è un caso a sé, però la possibilità teorica che Eluana risorga dalla sua tragica situazione è una su mezzo milione. Capita pure che si risvegli chi ha l’encefalogramma piatto, ma mi sembra effettivamente forzato interpretare la vicenda sotto questo aspetto, aggrappandosi a una possibilità che scientificamente resta solo sulla carta».
Come deve regolarsi un cattolico praticante come lei?
«Credo che sia un problema che ognuno debba risolversi come crede. Non esiste una regola generale. Mi sembra un modo troppo sbrigativo quello di rifarsi a pronunciamenti esterni alla coscienza. Tanto più che se la Chiesa non fissa espressamente una norma nel proprio magistero, noi cattolici non siamo esposti né tenuti a conformarci. Quindi, fissare il limite di ciò che è o non è vita, è una questione che ognuno di noi deve affrontare nel proprio io».
Eppure sembra in atto uno scontro senza precedenti tra Vaticano e Quirinale per il no al decreto...
«Non ci sono reali nodi da sciogliere, anzi dalla Santa Sede nei mesi scorsi sono arrivati attestati di stima per il presidente Napolitano, assieme al riconoscimento di frequenti concordanze di vedute. Non condivido le critiche di alcune associazioni cattoliche al Colle, né tanto meno quelle di esponenti politici che si richiamano alla Chiesa in un modo strumentale. In queste ore di Santa Sede e di Concilio Vaticano II ne parla anche molta gente che non sa neppure dove stanno di casa. L’esasperazione dei toni è nemica della verità ed è una pessima consigliera».
Dal mondo cattolico si è arrivati a chiedere la revoca della tutela al padre di Eluana. E’ d’accordo?
«No, anzi ritengo che tutti dovrebbero fare un passo indietro di fronte al dolore della famiglia Englaro. C’è un dovere di rispetto e anche una delimitazione degli ambiti che occorre salvaguardare. E’ una tutela dalla quale non si può prescindere in una condizione così dolorosa. Qui non si tratta di una questione pubblica. Il calvario di Eluana non deve diventare un caso politico, altrimenti lo si snatura colpevolmente. Ci sono vicende nelle quali la politica deve fermarsi sulla soglia di casa delle persone. Abbiamo a che fare con una famiglia già duramente provata da una tragedia e nessuno può arrogarsi il diritto di decidere d’imperio».
Si profila un conflitto istituzionale tra governo e presidenza della Repubblica?
«Non ne vedo gli estremi, sinceramente. E non mi sembra che si vada verso un epilogo di questo genere. Anche perché mi sembra difficile negare la fondatezza dei motivi addotti dal capo dello Stato per non firmare il decreto. Se si vuole approvare una norma, si segua la via parlamentare, ma poi si deve essere disposti a verificare l’effettivo consenso sulla proposta di legge. Rimane, però, che nel quadro giuridico attuale il governo non avrebbe potuto decretare su questa materia. Perciò non vedo francamente quali accuse o rilievi critici possano essere mossi a Napolitano».
Cosa la turba di più nella mobilitazione cattolica?
«Non credo che attorno al dramma della famiglia Englaro si possano inscenare proteste pubbliche o manifestazioni di piazza. Se c’è una situazione in cui sia necessario abbassare i toni del dibattito e meditare ognuno singolarmente è proprio il caso Englaro. In situazioni del genere e in assenza di una palese prescrizione ecclesiastica, sarebbe opportuno decidere ciascuno per sé, in modo pacato, equilibrato, senza isterismi. Per sensibilità umana ma anche per correttezza di credenti dovremmo confinare la riflessione al livello della coscienza individuale. Non farne una bandiera da innalzare nei cortei di piazza». " (La Stampa.it 8.2.2009)


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