venerdì 27 febbraio 2009

Ecclesia Mater et magistri del virtuale

Il Vescovo Williamson ha porto le scuse al Papa per le sue dichiarazioni che negavano la Shoah, non per averla negata, ma per il "danno e il dolore che avrebbero arrecato, soprattutto alla Chiesa", aggiungendo un "ma anche" per i sopravissuti che avrebbero subito "ingiustizie" - la morte di sei milioni di ebrei sono "ingiustizie"? - "sotto il Terzo Reich".
Un marziano catapultato sulla Terra potrebbe credere che il Papa, cioè colui a cui sono dirette le scuse, sia la massima autorità ebraica, il capo di quella comunità che ha ricevuto "le ingiustizie" dal Terzo Reich.
Invece no, è chiaro, che il Papa non è affatto il capo della comunità mondiale ebraica, ma è il successore dei papi che hanno visto nascere, crescere e compiersi la Shoah, cioè Pio XI e Pio XII. Papi che hanno sottoscritto "Concordati" - Eugenio Pacelli il futuro Pio XII collaborando fattivamente con Pio XI - con i teorici ed i realizzatori della Shoah: in Italia Mussolini, in Germania Hitler.
Quindi queste sono scuse tanto virtuali quanto è stata reale la Shoah.
Il mondo virtuale non ha storia quindi facendolo entrare nella storia, la può cambiare, la può in qualche modo rendere virtuale e fare diventare apparente realtà ciò che invece è virtuale. E' la traduzione pratica del virtuale e teologico "Siamo in questo mondo ma non siamo di questo mondo", che consente alla Chiesa di benedire (quando la segue), o maledire (quando non la segue) "questo mondo".
Il nostro Governo ha seguito questa traccia creando lo "sciopero virtuale". La delega del governo prevede "l'istituto dello sciopero virtuale, che può essere obbligatorio per determinate categorie". Per scioperare in questo modo servirà un referendum consultivo a meno che non si rappresenti più del 50% dei lavoratori. Non è specificato chi stablirà che un dato sindacato rappresenta o meno il 50% dei lavoratori (di quali lavoratori?). Ma nel mondo virtuale questo si può stabilire "a prescindere" dalla percentuale reale stessa.
Non solo ma chi vorrà scioperare virtualmente lo dovrà dichiarare preventivamente. L'unica cosa reale in tutto questo è il fatto che realmente il lavoratore dovrà preventivamente dichiarare che parteciperà ad uno sciopero virtuale, cioè ad una cosa che non ci sarà.
Ogni settimana ci danno un compito virtuale su cui dibattere scegliendo, da fiore in fiore, ciò che offre il mercato dell'informazione.
Venti giorni fa erano le intercettazioni telefoniche, poi è stato il triste caso di Eluana Englaro, quindi le ronde ed ora il diritto di sciopero.
Bloccando le intercettazioni telefoniche vogliono fare diventare virtuale la realtà agghiacciante che molte di esse rivelano sulla vita dei potenti di turno.
Bloccando la volontà di persone in stato vegetativo, vogliono fare diventare reale una vita che è virtuale e che è stata giudicata tale dal diretto interessato.
Bloccando la possibilità di scioperare, vogliono fare diventare virtuale, un diritto elementare di manifestazione responsabile e di difesa e miglioramento delle condizioni di vita di chi lo sciopero lo fa: cioè di volta in volta la maggioranza e non la minoranza dei cittadini.
Ma chi può vincere una partita contro un giocatore che a seconda delle carte che ha in mano cambia il valore delle carte stesse?
E' questo che ci fa passare da una emergenza all'altra. E' questo che ci lascia disarmati con le nostre carte che sono evidentemente sempre perdenti.
Da questo chi ci può salvare? All'orizzonte non si vedono personalità morali che possano svelare questo colossale imbroglio. Forse la classe intellettuale come quella dirigente per diventare visibile e acquistare quindi un peso mediatico, ha dovuto passare tante e tali selezioni che la visibilità ed autorevolezza sono anch'esse virtuali?
C'è da augurarsi - mentre si sopravvive in questa trincea che è diventata la vita nella quale ci dobbiamo difendere non dai nemici ma dai nostri governanti - che questi governanti passino presto.
Dal fiume che scorre vicino a questa nostra trincea prima o poi passeranno buone notizie.


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